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Matteo Salvini e Lega fuori dal governo, attenzione a Pontida: tam-tam a Palazzo

Fabio Rubini
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Segnatevi questa data: domenica 18 settembre 2022. Quel giorno la Lega si ritroverà, dopo due anni di digiuno, sul pratone di Pontida, quello delle mille battaglie e delle decisioni importanti da condividere e da far avallare- o digerire - alla militanza. Proprio lì, davanti al suo popolo, Matteo Salvini scioglierà le riserve sul futuro del Carroccio all'interno del governo Draghi. Già, perché quello che fino a poche settimane fa sembrava impossibile- l'uscita della Lega dalle larghe intese - mai come in queste ore è diventato possibile. Sul tavolo ci sono ovviamente le accelerazioni politiche della sinistra, ma è chiaro che a pesare sono anche i risultati elettorali non proprio positivi ottenuti dal Carroccio nelle recenti tornate amministrative. Gli ultimi sondaggi danno la Lega stabile attorno al 15%, ma danno anche Fratelli d'Italia e Forza Italia in crescita costante. E tanto basta a far suonare le campane d'allerta. «Salvini- spiega uno dei presenti al vertice - ha capito che non può decidere tutto da solo e ha chiesto agli altri big del partito una sorta di condivisione della linea». La famosa cabina di regia di cui si era parlato anche la scorsa settimana, insomma, questa volta sembra prendere davvero forma. Tra queste decisioni da prendere c'è, appunto, anche quella se restare o meno nell'esecutivo.

 

 


SUPERMARIO AL BIVIO
Al termine del vertice la decisione può essere così riassunta: la Lega darà due mesi e mezzo di tempo a Draghi per scegliere da che parte orientare la sua agenda di governo. Se opterà per continuare a dare corda alle tematiche care alla sinistra e a quel che resta dei Cinquestelle - ius scholae, pugno morbido sull'immigrazione, riforma delle pensioni in chiave Fornero - la Lega il 18 settembre annuncerà l'addio all'esecutivo e si butterà a capofitto in una campagna elettorale «feroce», che mirerà soprattutto a riprendersi i '.voti ceduti alla Meloni e ,'all'astensionismo. Un concetto che Salvini aveva espresso in mattinata incontrando i consiglieri regionali lombardi al Pirellone: «Se la sinistra insiste con droga libera, cittadinanza facile e Ddl Zan, faremo vedere di che pasta è fatta la Lega».


Al contrario, se Draghi accetterà di mettere al centro del programma temi quali l'aumento degli stipendi, il taglio delle tasse, l'autonomia differenziata e la lotta agli sbarchi selvaggi sulle coste italiane, ecco che Salvini dal prato bergamasco, porterebbe in dote ai suoi fedelissimi risultati concreti per far digerire ancora per un po' la permanenza all'interno dell'esecutivo. A rendere credibili quelle che per ora sono solo indiscrezioni filtrate dall'interno del vertice pomeridiano in via Bellerio, è il fatto che mai come ieri il fronte del Carroccio è apparso compatto. Tanto che, dice chi c'era «la questione della leadership e la voglia crescente di congresso è stata accantonata dalla risolutezza con la quale Salvini ha diretto i lavori del vertice». Una fermezza, dicono, «che non si vedeva da tempo». Al termine del vertice durato oltre tre ore, insomma, la Lega sembra essere uscita più compatta e stretta al suo leader. A testimoniarlo sono le parole dei vari big leghisti che escono alla spicciolata dalla sede milanese del partito. Per il ministro Erika Stefani «Il nostro mandato è in mano a Salvini, non ad altri. È lui che deciderà cosa fare», mentre il capo dei senatori, Massimiliano Romeo, spiega che «se si mettono in campo temi divisivi, indubbiamente questo va a minare la tenuta del governo».

 

 


MINISTRI COMPATTI
A fare la differenza, però, sono le parole di Giancarlo Giorgetti, il più "governista" dei ministri del Carroccio: «La Lega è un movimento responsabile - spiega ai microfoni che però vuole far presente quelle che sono le proprie idee e posizioni, mi sembra ragionevole, giusto e sacrosanto». E ancora: «La Lega è la Lega. Ha le sue idee in qualsiasi luogo dove opera, che sia in Parlamento, al governo o ai governi regionali, giustamente porta avanti la sua linea, e quindi è giusto che anche all'interno del governo facciamo sentire la nostra voce». E sulla permanenza al governo ha ribadito: «Qui ci sono i due capigruppo, io faccio parte del governo. Sono loro che decidono se io resto nel governo. Non io. Come dice la Costituzione della Repubblica italiana, è il Parlamento che dà la fiducia al governo, non è il governo che dà la fiducia a se stesso». Oggi a mezzogiorno Salvini incontrerà a Roma i senatorila scorsa settimana aveva radunato i deputati - , ma toccherà a Giorgetti portare a Draghi il messaggio uscito dal vertice e provare a mediare le posizioni tra il leader della Lega e quello del governo. 

 

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