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Elezioni, i partiti scordano Ucraina e Covid: ecco perché nessuno ne parla più

Pietro Senaldi
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Ci voleva il segretario di Stato del Vaticano, il cardinale Parolin, per ricordare agli italiani che a due ore di volo dalle nostre vacanze, in Europa, c'è una guerra fratricida. «Non si può chiedere agli ucraini di rinunciare a difendersi»: con queste parole il porporato ha squarciato il silenzio calato in Italia sul conflitto innescato da Putin esattamente da quando si è capito che stavamo andando verso le elezioni.

 

 


Gia, l'Ucraina, con il Covid, è il grande assente dal dibattito pubblico, due temi spariti d'incanto, come fossero problemi superati, mentre invece la situazione a Kiev precipita di giorno in giorno e il virus continua a infettare indisturbato, ancorché con una letalità sotto controllo, se così si può dire, visto che fino a ieri il leit motiv era invece "rinchiudiamone centomila per salvarne uno". La ragione di questa censura di fatto è presto detta: sul sostegno al conflitto a qualsiasi costo - di bolletta, inflazione e carenza di materie prime e sulla lotta al virus al prezzo di divieti e rinunce che non hanno avuto eguali nel mondo occidentale - pur portando a un maggior numero di decessi da noi piuttosto che altrove - la sinistra ha incentrato la propria narrativa, degli ultimi mesi e anni. Solo che, finché non si votava, gli allarmi bellico e sanitario andavano benissimo, erano funzionali a distrarre l'opinione pubblica per farsi i fatti propri al governo e non dover rispondere degli insuccessi economici, riformatori e organizzativi, che anzi nell'emergenza trovavano giustificazione.
 

 

 

 

LA SAPONETTA Ora che le urne potrebbero dare il responso dei cittadini sul bellicismo esasperato di Letta e sulla gestione del virus, fobica e terroristica, di Speranza, meglio parlare d'altro. Né i gialli né i rossi ci tengono ad attaccarsi al petto le medaglie della lotta al Covid o dei nostri supposti successi in politica estera. Meglio puntare sull'antifascismo o appuntarsi l'eredità di Draghi, che pure ritirandosi non ha designato nessuno e difficilmente si farebbe reincarnare da Renzi e Calenda, che lo agitano come una bandiera, poiché il banchiere è sufficientemente smaliziato per intuire che mettersi nelle mani di questo inaffidabile duo equivarrebbe a prenotarsi una saponetta sotto il piede. Ucraina e Covid possono attendere. Portano male, direbbe Letta, parafrasando la sua ultima infelice uscita con la quale, per raccattare qualche voto in più a sinistra, è arrivato a rinnegare perfino l'osannato ex premier. Ma statene certi, virus e Zelenski ritorneranno utili dopo il 25 settembre, per lanciarli contro il centrodestra, se avrà vinto. Quanto a Draghi, tutta la sinistra, grillini inclusi, tornerà da lui in ginocchio, se solo si aprirà uno spiraglio, arruolandolo, per precludere la stanza dei bottoni a Meloni, Salvini e Berlusconi.

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