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Silvio Berlusconi, la mossa con Putin: "Conferme da fonti di alto rango"

Alessandro Giuli
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«Ghe pensi mi, Tovarish Vlad». Ci penso io, compagno Putin. Sembra una battuta fuori luogo e invece potrebbe rivelarsi la chiave per scongiurare un cataclisma provocato dall'escalation nucleare nella guerra tra Russia e Ucraina. Se è vero - e gli dèi lo vogliano - quanto rivelato da fonti d'alto rango ai piani alti di questo giornale, Silvio Berlusconi si appresta a intestarsi una mediazione diplomatica tra Mosca e Kiev avendo in mano alcune carte da giocare. È l'impensabile, inatteso colpo di scena personificato dall'unico sincero amico degli Stati Uniti che sia riuscito, anni fa, a entrare in confidenza con Vladimir Putin. Di più, al momento, non è dato sapere. Ma la notizia avrebbe già di suo una risonanza fragorosa e in primo luogo impone a noi tutti di militare a fianco della speranza che l'iniziativa berlusconiana abbia concretezza e successo. Dopodiché, ovvio, anche soltanto il raggiungimento di una tregua comporterebbe la monumentalizzazione in vita del Cavaliere. E a ben vedere i presupposti perché non si tratti di una delusione terribile esisterebbero.

 

 


RISCATTO PERSONALE
Di recente a Berlusconi è stata addebitata impietosamente ogni ricaduta pubblica dei suoi cedimenti emotivi rispetto alle ragioni - irrazionali e inaccettabili, come ha detto lui per primo - che hanno condotto l'autocrate di Mosca a invadere l'Ucraina. Perfino i suoi continui auspici intonati al pacifismo sono stati processati e hanno richiesto smentite, correzioni, ammissioni dolenti che il rapporto con l'ex amico Vladimir s' era inceppato: «Non mi risponde più al telefono». E se invece, nelle ultime ore, gli avesse risposto? Sarebbe un enorme passo avanti per l'umanità angosciata dalle terribili conseguenze di un conflitto ormai globale; e al tempo stesso un piccolo ma poderoso passo personale di riscatto dalle insinuazioni d'intelligenza con il nemico delle democrazie, con il genocida che ha fatto affari con l'Occidente intero fino a che non ha scelto di valicare l'invisibile linea rossa dell'ostilità armata. Perché Putin è, sì, un despota rubricato irrefutabilmente nel novero dei nemici; ma è pur sempre con i nemici (possibilmente sconfitti) che, stando dalla parte giusta (l'Ucraina di Volodymyr Zelensky), prima o poi bisognerà negoziare una pace giusta. Prima che sia troppo tardi.

 

 


PRATICA DI MARE
E il Cavaliere al riguardo non è soltanto l'ex premier al quale Vladimir ha regalato il famigerato "lettone" di Villa Certosa - contraccambiato da un copripiumino con le foto a stampa dei due statisti sorridenti, come nelle altre celebri pose fra le nevi d'una dacia russa - né è solamente uno degli inconsolabili ex ammiratori dell'uomo che poteva sfamare a basso costo la nostra fame di gas senza chiederci in cambio l'anima. No, Berlusconi è stato il protagonista del capolavoro diplomatico passato alla storia come l'accordo di Pratica di mare. Fu proprio lui che il 28 maggio del 2002, in veste di premier italiano, in una base militare altrimenti incognita, radunò i rappresentanti dei 19 Stati membri della Nato fra i quali il presidente americano George W. Bush affinché sottoscrivessero un'intesa epocale con la Federazione Russa: la Dichiarazione di Roma. Grazie a quel patto prese forma un "Consiglio a 20" (Nato+Russia) sorretto da impegni reciproci di consultazione e assistenza in materia di non proliferazione delle armi di distruzione di massa, oltreché di sicurezza e terrorismo, cooperazione militare e riforma dei sistemi di difesa e d'intervento nelle emergenze civili, operazioni di salvataggio in mare. Restano impresse nella memoria degli osservatori le immagini della cura manicale con cui Berlusconi perfezionava la scenografia dell'evento spingendosi fino alla selezione delle fioriere. Quel giorno, disse lui, "per la prima volta la Russia entra in Occidente. Esagerava, come spesso accade agli interpreti dell'ottimismo, e tuttavia si ebbe la comune percezione che la Guerra Fredda stava finendo sul serio. Non era vero, purtroppo.


IMPRESA STORICA
Di lì in poi il Cavaliere sarebbe rimasto lo stesso. L'altro, Putin, si è mostrificato in modo spaventoso ovvero ha mostrato il suo vero volto di orco camuffato dietro la lucida maschera dialogante. E torniamo dunque all'oggi: l'uomo con il Sole in tasca, divenuto ottuagenario, s' imbarca nell'ultima impresa per scongiurare lo spettro del fungo atomico, laddove nemmeno papa Bergoglio ha potuto svolgere un'azione efficace. Andasse bene, ci apparirebbe come il lieto fine d'un film dei primi anni Ottanta del secolo scorso, genere "Wargames". L'happy ending che trionfa su "The Day After". Inimmaginabile ma non impossibile.

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