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Alessandro Sallusti, "sfregio a chi?". Fontana e La Russa, la verità sulla sinistra

Alessandro Sallusti
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È successo per Ignazio La Russa presidente del Senato, è risuccesso, con ancora più violenza, ieri per Lorenzo Fontana presidente della Camera. Ovvio che l'opposizione si deve opporre ma il linciaggio personale, politico e mediatico, a cui sono state sottoposte le due nuove alte cariche dello Stato ha superato il limite della decenza. Enrico Letta: «L'elezione di Fontana è uno sfregio». Sfregio di chi, di che cosa? Quale sarebbe la colpa di Fontana? Dicono: è putiniano. Sì, lo è stato, ma non più di Enrico Letta che da Putin andava ossequioso a firmare accordi. Dicono: «È un cattolico pro vita». E allora? Se fosse stato un fondamentalista islamico pro morte - come ha ben riassunto ieri Nicola Porro nel suo blog- andava meglio? Ma quelli insistono: «È divisivo». Già, perché invece i suoi predecessori tipo la loro Laura Boldrini non lo era, Fausto Bertinotti era un moderato ecumenico, Giorgio Napolitano non parliamone. No, è che questi sono semplicemente arroganti. Ritengono uno scandalo inaccettabile che il Centrodestra abbia vinto le elezioni e si appresti a fare un governo di Centrodestra.

È come se l'allenatore di una squadra pretendesse di scegliere i giocatori e la tattica degli avversari, cioè siamo alla follia. Per la cronaca Lorenzo Fontana è un signore che ha tre lauree (scienze politiche, storia e filosofia), una carriera politica che da consigliere comunale lo ha portato a soli quarant'anni a fare due volte il ministro, governi Conte uno e due. Però ha un difetto, certo: è convintamente cattolico e oggi i cattolici sono accettati solo se scendono in piazza con i grillini e i centri sociali (quelli sì alleati di Putin), se benedicono il gay pride. Lui no, lui si limita ad andare a messa e ad aiutare le famiglie tradizionali, cosa che ovviamente non costituisce reato né può interferire in alcun modo - anche se lo volesse - con il ruolo di presidente della Camera. Ieri l'altro, commentando lo storico momento in cui Liliana Segre proclamava eletto, senza alcun imbarazzo, Ignazio La Russa avevamo titolato: «La guerra è finita». Oggi, a bocce ferme, aggiungiamo: sì la guerra è finita e l'abbiamo vinta, la guerriglia continua e ci avremo a che fare ancora a lungo.

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