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Luigi Di Maio arraffa la super-poltrona: 8 mesi per riciclarsi

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Antonio Rapisarda
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E così, dopo solo 8 mesi a spasso, “Gigino” è già tornato ad abolire qualcosa: la sua astinenza da poltrona. Un vero e proprio miracolo di San Gennaro, o meglio un miracolato d’Arabia. Proprio così: dopo essere stato cacciato inmalo modo dagli elettori con la sua meteora Impegno civico, ci ha pensato l’Europa a ridare un incarico, uno staff e un lauto stipendio a Luigi Di Maio. Inutili le alzate di scudo da parte di tutto il centrodestra: alla fine il Consiglio dell’Unione europea, nella riunione dei ministri dello Sport, ha dato il via libera definitivo ieri alla sua nomina come primo Rappresentante speciale dell’Ue per il Golfo persico. Tutto ciò su proposta dell’Alto rappresentante perla politica estera – il socialista Josep Borrell – che lo scorso 21 aprile aveva indicato, non senza polemiche e stupore, il pentastellato come «il candidato più adatto» per ricoprire il ruolo. «Onorato di essere stato incaricato dall'Alto rappresentante Borrell e dagli Stati membri dell’Ue. È una grande responsabilità», ha twittato entusiasticamente l’ex grillino che entrerà in carica il 1° giugno e che si è detto pronto ad impegnarsi con imembri Ue e i partner regionali «per rafforzare insieme la nostra sicurezza e prosperità».

Un’indicazione vissuta fin dai primi istanti con grande fastidio dall’esecutivo di destra-centro che anche ieri non ha nascosto – seppure in maniera diplomatica e felpata – il suo scetticismo: «È una scelta di Borrell», ha tagliato corto da Rotterdam il titolare della Farnesina Antonio Tajani che ha sempre sottolineato l’estraneità dell’attuale compagine di governo nella nomina dell’ex ministro. I motivi della freddezza sono chiari: da un lato lo sgarbo istituzionale di Bruxelles nel non aver tenuto conto della sensibilità della nuova compagine di Palazzo Chigi, dall’altro la scelta di una personalità che si è spesa pesantemente durante la campagna delle Politiche contro la premier e la sua coalizione. Ma c’è anche un motivo di merito legato proprio alla missione strategica: ossia «sviluppare ulteriormente un partenariato dell’Ue più forte, completo e strategico con i Paesi della regione del Golfo».

 

Proprio su questo punto in tanti ricordano che i guai italiani in quella regione sono figli proprio della (mala)gestione di Gigino: quando, allora ministro degli Esteri giallorosso, stabilì di sospendere la vendita di armi ai Paesi coinvolti nella guerra dello Yemen, scatenando le proteste degli Emirati e una lunga crisi diplomatica con Abu Dhabi. Crisi diplomatica rientrata completamente solo poche settimane fa: grazie ai bilaterali effettuati in loco di Giorgia Meloni. Insomma, se l’esecutivo non ha protestato ufficialmente (sarebbe stato fuoriluogo e controproducente) il dato politico resta.Così come il sospetto che si sia trattato di un “paracadute” legato ai buoni uffici europei di Di Maio odi un premio di consolazione “targato Pd” per il mancato seggio. Una decisione contestata a 360° da Maurizio Gasparri che non ha nascosto il suo «sconcerto» per la designazione di una persona «inadeguata e incapace». Per il senatore azzurro ciò che è stato stabilito «umilia l’Europa e in ogni sede istituzionale lo dirò. La irrilevanza politica del soggetto annulla e ridicolizza il ruolo ricoperto. Per Di Maio non conta il Golfo, ma solo l'antico detto “Franza o Spagna purché se magna”»

 

 

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