Negli ultimi anni la scena digitale italiana ha subito una trasformazione profonda che ha modificato il modo in cui comunichiamo, pensiamo, lavoriamo e percepiamo noi stessi. Scorrere un feed è diventato un gesto automatico, quasi istintivo. Le piattaforme social un tempo luoghi di condivisione e intrattenimento oggi sono progettate per catturare e trattenere l’utente. Di fronte a un uso sempre più pervasivo dei social network, psicologi e ricercatori lanciano l’allarme: la dipendenza dai social è un fenomeno in forte aumento. Parliamo con il Dott Fabio Villa psichiatra e psicoterapeuta per cercare capire in cosa consiste concretamente la dipendenza dai social.
Lo psichiatra ci spiega che “l’uso dello smartphone e dei social network può costituire una vera dipendenza comportamentale, un po’ come il gioco d’azzardo. Ci sono varie ragioni perché questo accade, innanzitutto i social stimolano il circuito cerebrale della ricompensa, come una droga, il che ci spinge al consumo compulsivo. Poi l’abitudine alla noia come occasione creativa e costruttiva si sta estinguendo. Sentiamo il bisogno di riempire ogni istante, anestetizzando il nostro pensiero, anche e soprattutto nel tempo libero. Se non lo facciamo sperimentiamo un disagio che sfocia nell’ansia. In una società atomizzata il legame con l’altro si indebolisce ed il valore personale si esprime in modo sempre più quantitativo, a suon di like. Oramai nessuno resiste alla tentazione di mostrare una versione ideale e falsata di sé e della propria vita. Apparire ci sembra l’unico modo di esistere. Siamo iperconnessi, costantemente, ma non comunichiamo. Rimanere sui social ci fa forse sentire meno soli per un po’, ma si tratta di un’illusione. È chiaro che i social possono essere anche una bella cosa, dobbiamo capire quali sono i segni di un utilizzo malsano”.
La dipendenza dai social non è ancora formalmente riconosciuta come disturbo clinico, ma gli specialisti la definiscono come un insieme di comportamenti caratterizzati da uso incontrollato, bisogno costante di connessione e ansia in caso di disconnessione. Gli italiani trascorrono in media oltre due ore al giorno sui social, con picchi molto più alti tra gli adolescenti ma quali sono le fasce d’età più colpite e come possiamo percepire i primi segnali che devono farci preoccupare? Il Dott Villa ci spiega che “i più esposti sono sicuramente gli adolescenti, un po’ perché sono sempre più abituati sin da bambini al sovraconsumo di internet, un po’ perché l’accettazione sociale, secondo le modalità del momento, è il grande tema di questa età. Secondo gli studi un adolescente su cinque è dipendente dai social. Poi ci sono i giovani adulti, gli studenti e i lavoratori che devono distrarsi. Vediamo sempre più bambini affetti, e questo è preoccupante. Non si parla ‘solo’ di dipendenza: questa patologia porta con sé depressione, ansia, disturbo di attenzione. Ci sono Paesi che stanno regolamentando l’accesso ai social per i più piccoli. Ad esempio se ne discute molto in Scandinavia, dove c’è una grande attenzione alla salute mentale. Il resto dell’Europa segue. L’Australia ha recentemente fissato a 16 anni l’età minima per avere un profilo. Vediamo anche molti adulti, anche pensionati, che cadono nella trappola. I segni di allarme sono un bisogno crescente di usare il social per placare un malessere, magari con un impatto negativo sulla socialità ed sul funzionamento a scuola, dei sintomi quali irritabilità o ansia da “astinenza”, i disturbi del sonno”.
Ma quali sono gli effetti dei social sulla nostra mente e a livello relazionale ? Il Medico sottolinea che “L’abuso dei social crea danni a tutti ma specialmente a menti e personalità in formazione. La capacità di concentrazione si riduce fortemente, così come la simbolizzazione delle proprie emozioni. I social rendono più depressi ed ansiosi per questi meccanismi neurocognitivi, oltre al fatto che mostrano spesso un ideale di vita irraggiungibile. Ci si isola e si disinvestono le attività condivise con gli altri. Poi c’è il cyberbullismo. Iniziano ad essere pubblicati studi che dimostrano benefici netti su ansia e depressione qualora ci si allontana dai social. Certo, esistono anche esempi positivi, cioè i social come veicolo di informazione, scambio di idee e supporto. Dipende sempre da come e quanto si usano”.
Oggi si discute molto del ruolo dei genitori e dell’uso dei social, un argomento forse non abbastanza analizzato e poco si parla delle conseguenze. Lo psichiatra ci spiega che “ Innanzitutto non ho ancora capito per quale motivo alcuni genitori sovraespongono la vita dei figli, talvolta nella loro intimità quotidiana, a perfetti estranei, pubblicando le loro foto sui loro profili. Da padre o madre, io non ho alcun diritto di farlo, oltre ad ovvie ragioni di sicurezza. Un bambino sovraesposto sarà un adolescente che tende a confondere la sua persona con l’immagine che c’è nella bacheca, e più a rischio di malessere psichico. È senz’altro salutare eliminare quanto più possibile gli schermi. Quando si vede un film, diciamo una volta a settimana, lo si fa in famiglia o con gli amici, non da soli. Per quanto mi riguarda, credo che per ragioni medico-psicologiche ma anche giuridiche i minori non dovrebbero avere accesso ai social. Bisogna proporre alternative e creare momenti di condivisione come una serata gioco da tavolo, una serata lettura e così via. È che nemmeno i grandi sanno più cosa fare del loro tempo, e prendono la scusa della stanchezza. Decidere insieme, nel caso si voglia essere più flessibili, dei limiti di uso di internet e gli orari, e cercare di stabilire un dialogo aperto riguardo i contenuti (dalla violenza alle immagini sessualizzate che inevitabilmente appaiono) è fondamentale. Credo che anche l’educazione a scuola, prima o poi, dovrà affrontare seriamente il tema. Fortunatamente c’è una controtendenza, anche se per ora molto limitata. Una parte della GenZ riduce il tempo passato di fronte agli schermi e fa più selezione di contenuti.”




