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Pc e minori: l'81% dei bambini on line già prima dei due anni

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La ricerca di AVG mostra la tendenza dei genitori di postare video e foto dei figli. Ma preoccupa la privacy

Roberto Amaglio
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I social network sbarcano anche nel girello. A dimostrazione di quanto Facebook e i suoi simili stiano abbattendo ogni frontiera legata all'età e all'estrazione sociale, i risultati di una ricerca effettuata dalla società di sicurezza online "Avg" certificano come l'81% dei bambini inizi ad avere un rapporto col web già intorno ai due anni di vita. La ricerca cross-nazionale, effettuata in America, Europa e Asia su un campione di 2200 giovani madri e figli, presenta delle differenze legate alle aree geografiche esaminate; tuttavia la tendenza a portarsi il pc nella culla sembra essere diffusa. Negli Usa si registra la percentuale più alta, con il 92% degli under 2 che ha già avuto i primi contatti con il World Wide Web; in Europa, invece, il dato scende al 73%. Ovviamente i responsabili di tale tendenza sono i genitori, che postano in rete foto del neonato o i classici filmati del battesimo e dei primi compleanni. Superando l'iniziale barriera dello scandalo e della polemica, i genitori sembrano non avere più remore a pubblicare on line momenti intimi del proprio bambino. Le mamme si sono trasformate in “mommy bloggers” per raccontare ogni giorno la vita dei loro bambini. Così i bambini crescono e si ritrovano già una vita virtuale preconfezionata da genitori. Non solo: secondo le stime di Avg circa un quarto di questi account virtuali nascono prima dei bambini stessi. Servono a pubblicare le foto delle ecografie, i filmati sul corso di parto, i preparativi per la nascita. Preoccupa la privacy - Nonostante questo diffuso ricorso alla web, i genitori confermano però la loro preoccupazione per la privacy del loro bambino. Due ricerche statunitensi hanno messo a fuoco le gravi falle nella tutela della privacy dei minori all'interno dei social network. Anche qui cifre pesanti: il 92% dei genitori è molto preoccupato per la privacy online dei propri figli e ritiene che i social network non offrano adeguate difese. Il paradosso, quindi, è confezionato: da un lato si assiste alla sovra-esposizione di contenuti personali, tendenza questa che diventa sempre più capillare; dall'altro c'è la preoccupazione per le conseguenze, specialmente per il “stranger danger”, lo sconosciuto che tenta un approccio verso il bambino. Un confine labile che difficilmente la sola tecnologia potrà definire con chiarezza. Gabriele Cazzullini

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