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Teo Mammucari vuota il sacco: "Io ho mollato Mediaset, ecco perché"

Daniele Priori
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Più bella cosa non c’è. Non è Eros Ramazzotti ma il titolo dello spettacolo che segna il ritorno a teatro di Teo Mammucari, 58 anni da quasi trent’anni sulle scene, un terzo dei quali trascorsi nel gruppo de Le Iene. «Ho lasciato Le Iene e mi hanno detto che ero matto ma in realtà avevo solo altre esigenze come quella di riprendere il racconto e il confronto col pubblico a teatro interrotto per vent’anni dalla televisione. Non si tratta assolutamente di un ripiego ma di una scelta artistica fatta mentre in tv conducevo la più vista trasmissione di Italia 1 e Tu si que vales su Canale 5. Ho chiesto a Italia 1 di darmi un programma tutto mio. Ho presentato un progetto. Mi hanno detto che stanno valutando. Quando saranno pronti, la porta è aperta da entrambi i lati. Però se per me non ci sono spazi per fare cose nuove, preferisco rinunciare anche a quelle vecchie e tornare a fare teatro».

 

 

 

Teo, nel suo show annuncia di raccontare cose che in vent’anni di televisione non è riuscito a dire. Verità e pensieri personali rimasti con lei. Ci vuole svelare qualcosa?
«Racconto vent’anni di vita nei quali sono stato lontano dagli amici del bar, dal pubblico italiano che mi ha potuto vedere solo attraverso il video. Sentivo questa esigenza. Ho visto molti altri farlo prima di me, dopo vent’anni mi sono deciso anche io. Ne è uscito uno spettacolo molto goliardico e divertente ma anche amaro, durante il quale si ride ma si riflette anche».

Cosa c’è a teatro che in tv le è mancato?
«La tv è il paese dei balocchi. La gente è pagata per battere le mani. Mi sono sempre chiesto ad esempio a cosa serva lo scaldapubblico. Ci penso io a scaldare il pubblico! A teatro invece pagano per venirti a vedere. Io non sono un teatrante che va a memoria ma faccio stand-up, quindi parto da una griglia, poi capisco sentendo le vibrazioni del pubblico. Ogni città dà una sua risposta. Sembra assurdo ma a Napoli ridono in un modo, in Sicilia in modo diverso e a Torino in maniera ancora differente. Queste sono le esperienze che mancano in tv dove c’è molta più finzione e io senza un pubblico vero fatico molto».

Però da Le Iene è sparito davvero all’improvviso dopo molti anni. Ci vuole raccontare quello che è successo?
«Ho iniziato 25 anni fa come inviato. Feci un annodi successo come intervistatore, poi chiesi almeno cento euro di aumento perché non ci rientravo con le spese. Mi dissero no e arrivò Giovanni Benincasa che mi propose un programma da fare con un pigiama addosso. Lì nacque Libero. Che io portai a Mediaset ma loro mi dissero che non erano interessati. Poi ricordo che ne parlai con Carlo Freccero, allora direttore di RaiDue e mi disse una frase che mi riempì di gioia il cuore: sono schiavo della tua potenza. Così feci Libero per due stagioni e fu un grande successo da cui capii che dovevo seguire sempre il mio destino. Altri colleghi come la Cortellesi, Siani e Max Giusti che hanno fatto le edizioni successive non hanno avuto lo stesso successo perché serviva quel tipo di umorismo che definiscono cinico anche se io non mi sento cinico, ma solo un attore. Poi sono tornato a fare il conduttore a Le Iene per cinque anni. Chiesi Belen Rodriguez che secondo me era la persona giusta e non sbagliai. Però poi mi sono reso conto che stavo facendo da dieci anni i lanci e che stavo perdendo l’entusiasmo ed era ora, sia pure con molto dispiacere, di lasciare spazio a chi aveva più entusiasmo di me».

 

 

 

Quindi nessun contratto firmato di puntata in puntata e nessuna lite con Davide Parenti?

«Davide Parenti ha litigato con tutti i conduttori che esistono. Non lo dico io ma i giornali. Io però non ho litigato con lui. Il contratto per l’edizione di quest’anno non lo avevo in realtà ancora firmato, per cui colsi l’occasione e quella mancanza di entusiasmo che sentii per andare a parlargli. È chiaro che sentirselo dire così non piace a nessuno. Però era giusto lasciare a chi in quel momento aveva più entusiasmo di me che sta facendo molto bene. Auguro loro di provare tutte le emozioni che Le Iene hanno dato a me. È un programma che ti lascia molto in ogni puntata in termini di esperienze e di racconto. Perché poi alla fine a Le Iene il successo dipende dagli inviati».

Quindi dove la vedremo?

«Dove mi offriranno la possibilità di fare un programma mio e di continuare a fare teatro. Le persone me lo chiedono e io chiedo a Mediaset chi c’è più adatto di me a Italia 1? In questo momento la rete sta puntando su altri nomi ma credo che alla fine l’onestà di pensiero paghi. Io se spengo la tv non resto a casa a fare la lana».

 

 

 

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