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Man Ray, la luce chiusa in una lacrima: il rivoluzionario della fotografia

A Milano una grande mostra celebra l’artista innovativo che riuscì a trasformare la vita in capolavori: 300 opere ripercorrono le molteplici tappe della sua carriera
di Vera Agostigiovedì 2 ottobre 2025
Man Ray, la luce chiusa in una lacrima: il rivoluzionario della fotografia

(Afp)

3' di lettura

Lacrime divenute solide e trasparenti, come gocce di vetro, sono posate su uno splendido volto di donna, dalle lunghissime ciglia (Larmes, 1932). L'immagine in bianco e nero, divenuta iconica, nasce dalla pubblicità di un mascara, che invitava le donne a «piangere al cinema, piangere a teatro e ridere fino alle lacrime», sebbene il suo autore, Man Ray (Philadelphia, 1890-Parigi, 1976), celebre fotografo e artista tra Dada e Surrealismo, abbia sempre riservato minore importanza ai suoi lavori per la moda. Lo scatto risale al periodo della rottura della relazione con la fotografa Lee Miller, a cui le false lacrime femminili potrebbero alludere.
Questa celebre fotografia è l'immagine guida dell'ampia retrospettiva, con oltre 300 pezzi, Man Ray. Forme di luce, curata da Pierre-Yves Butzbach e Robert Rocca, che Palazzo Reale a Milano gli dedica fino all’11 gennaio.

Nato Emmanuel Radnitsky da una famiglia ebrea di origini russe, adotta lo pseudonimo «Man (uomo) Ray (raggio di luce)». L'incontro con Marcel Duchamp nel 1915 è decisivo per avvicinarsi a linguaggi artistici radicalmente nuovi. Fin dagli inizi, Man Ray affianca alla pittura e al disegno l’assemblaggio di oggetti e l’uso della fotografia, dapprima per documentare le sue opere e quelle degli amici, e ben presto come mezzo creativo autonomo. Nel 1921 si trasferisce a Parigi, dove entra in contatto con il gruppo surrealista guidato da André Breton e stringe rapporti con Louis Aragon, Paul Éluard e Robert Desnos. Frequenta Picasso, Matisse, Joyce, Stravinsky, Erik Satie, Max Ernst... Parte dai giochi del Dada per arrivare ai meandri dell’inconscio e dell’immaginazione.

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Crea per esempio Cadeau (1921), uno dei ready made più noti. L’opera consiste in un ferro da stiro piatto, usato in passato per essere riscaldato su una stufa, trasformato in un oggetto non-funzionale e contraddittorio attraverso l’aggiunta di una fila di quattordici chiodi. L'artista dona al ferro da stiro un nuovo ruolo, che lo spettatore intuisce confusamente, provando un senso di inquietudine. L'originale viene rubato durante la mostra e Man Ray ne produce quindi 5 mila esemplari. A Montparnasse conosce Alice Prin, nota come Kiki de Montparnasse, cantante e modella, che diviene la sua compagna.

Di Kiki è il torso femminile di spalle, nudo e perfetto, che appare ironicamente in fotografia come un violino, tanto da veder disegnate sulla schiena di lei, dal capo avvolto in un turbante e il viso girato di tre quarti verso sinistra, le fessure a effe dello strumento musicale, aggiunte a grafite e inchiostro di china dall'artista. Il titolo dello scatto è Le Violon d'Ingres (1924), omaggiando il famoso pittore neoclassico, Jean-Auguste -Dominique Ingres, maestro del voyeurismo raffinato e amante dell’orientalismo. È un’espressione idiomatica francese che indica l’avere una forte passione, coltivata con impegno, esattamente come per Ingres che amava la pittura e il violino, e Man Ray stesso che amava la fotografia e le donne.

La stampa di questa immagine, conservata per tutta la vita dal maestro, è stata venduta all'asta da Christie's a New York per oltre 12 milioni di euro nel 2022, la fotografia più costosa al mondo. Kiki torna nel celebre scatto Noire et blanche (1926), giocato sul contrasto tra il tenero ovale del suo pallido volto accostato a quello stilizzato e scuro di una maschera africana. Compare anche in tre film diretti da Man Ray. È in questi anni che l’artista sperimenta alcune delle sue tecniche più innovative, come la rayografia, termine coniato da Tristan Tzara, per creare con la luce, esponendo gli oggetti direttamente sulla carta fotosensibile. Alla fine degli anni Venti, insieme a Lee Miller, sviluppa la solarizzazione, in cui i contorni delle figure assumono un’aura luminosa e spettrale. Con Meret Oppenheim realizza nel 1933 Erotique-voilée. Gli ultimi amori, in un consueto connubio tra vita e arte, sono Adrienne “Ady” Fidelin e la moglie Juliet Browner.

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