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DiMartedì, a Luttwak resta il microfono aperto: come fa a pezzi Joe Biden

Claudio Brigliadori
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Achtung, caduta Dibba. Non è Sturmtruppen, ma per qualche minuto lo studio di DiMartedì su La7 si trasforma in una tragicomica sarabanda con Alessando Di Battista che sbraita con l’elmetto in testa e il severissimo Edward Luttwak che lo richiama brutalmente all’ordine. Il politologo americano è un veterano dei talk italici, in particolare con Giovanni Floris. Ma strabuzza gli occhi quando si trova davanti alla furia dell’ex deputato del Movimento 5 Stelle contro Giorgia Meloni: «Il premier non ha un ruolo di comando, in primis per la sua debolezza.

Nella prima repubblica, nonostante tutto, vi erano politici come Moro, Andreotti, Berlinguer, infinitamente più autonomi in politica estera. La Meloni non ha potere in politica estera». Secondo l’ex grillino, la leader di Fratelli d'Italia «ha la stessa linea di Draghi, una linea fallimentare. La linea europea è stata fallimentare, muoiono civili, abbiamo buttato armi, la Russia non è crollata. È indegno, ignobile parlare di Chiara Ferragni e non della strage di bambini palestinesi a Gaza. Si può dire che questi comportamenti sono ignobili? E che purtroppo non ha alcun potere perché non lo prende per cambiare le regole del gioco? Perché non segue Borrell o Sanchez?». 

 

Mentre Dibba si agita, Luttwak lo liquida in pochi secondi: «Scusami, devo urlare? - chiede infastidito a Floris -. È obbligatorio urlare in questi programmi? Questo signore urla...». C’è forse solo una persona in grado di far innervosire Luttwak più di Di Battista, e quella persona è Joe Biden. Tanto che quando la regia manda in onda il video di una gaffe del presidente americano con il collega indiano Modi, l’esperto di strategia militare e di finanza si infervora e inizia a parlare senza accorgersi di avere il microfono spento. Per fortuna del Capo della Casa Bianca.

 

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