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Le strategie di Di Francesco, così ha rilanciato la Roma. Difesa super, rotazione e...

Eliana Giusto
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Dicevano che fosse un integralista, che fosse troppo zemaniano. Che con lui al timone la Roma si sarebbe schiantata molto presto contro la realtà. Adesso che invece tutti lo considerano l' artefice della rinascita romanista, Eusebio Di Francesco ha dimostrato di essere tutto, fuorché un fondamentalista. La vittoria contro il Chelsea all' Olimpico ha proiettato i giallorossi al primo posto nel girone di Champions League, con 8 punti. Il percorso di crescita internazionale intrapreso dal direttore sportivo Monchi, che tra tanti candidati decise di scegliere proprio l' ex tecnico del Sassuolo, sta dando i suoi frutti. Tanto per fare un confronto, se fino ad oggi la Roma americana aveva racimolato a malapena 2 vittorie in 16 partite di Champions, in questa stagione Di Francesco ne ha già vinte 2 su 4. Un' impresa storica, se si considera che era capitato un girone di ferro con Chelsea e Atletico Madrid, due corazzate che sembravano destinate a schiacciare la sua squadra. E che invece sono costrette a rincorrerla. Il passaggio della Roma agli ottavi ormai è una formalità: per passare il turno, a Dzeko e compagni basterà infatti un punto nella trasferta in Spagna oppure una vittoria in casa col modesto Qarabag. Anche in Europa ormai si sono accorti di questo giovane tecnico, che finora aveva dovuto sopportare la densa nube di scetticismo che lo aveva avvolto appena sbarcato nella Capitale. Sul suo conto ne sono state dette di tutti i colori: non ha esperienza internazionale, prende troppi gol, avrà problemi a gestire uno spogliatoio di campioni, è un provinciale. Una carrellata di luoghi comuni smentiti in fretta. Del resto, è sempre meglio essere sottovalutati e poi stupire, che essere sopravvalutati e poi deludere. E l' allievo di Zeman ha stupito in fretta. Costruendo le sue vittorie sulla solidità difensiva e sul pressing asfissiante. Il reparto arretrato, malgrado la sfilza di infortuni che lo ha colpito, è il fiore all' occhiello: in undici partite di campionato, la Roma ha incassato solo 7 gol, mantenendo per nove volte la porta inviolata. Segna poco, è vero (21reti, il Napoli ne ha fatte 32), ma di solito in Serie A vince chi subisce di meno, non chi segna di più. Anche in Europa, dove il club di Pallotta aveva sempre tradito le attese, sia con Spalletti che con García, Di Francesco ha esportato una mentalità vincente che fino a poco tempo fa a Roma sembrava irraggiungibile. I giocatori ora lo seguono, hanno imparato a fidarsi del mister silenzioso, che a differenza dei predecessori non cerca polemiche, tiene unito l' ambiente e studia con attenzione ogni avversario. Non è un caso che Daniele De Rossi, dopo lo vittoria col Chelsea, lo abbia elogiato pubblicamente: «Mi piace il modo in cui stiamo giocando», ha detto il centrocampista, «il mister ha cambiato il modo di aggredire l' avversario, adesso siamo sempre aggressivi anche contro squadre che in altre stagioni avremmo aspettato: questa è la svolta importante che abbiamo avuto». Finita l' era Spalletti, condita da veleni e polemiche, a Roma serviva un normalizzatore che riportasse serenità nell' ambiente, qualcuno che desse un taglio netto con il passato. E quando ancora allenava il Sassuolo, Di Francesco aveva capito di essere l' osservato speciale dalla dirigenza romanista, offrendosi senza pensarci due volte: «Mi piacerebbe molto allenare la Roma, sono legato a quella squadra». Parole che non erano piaciute affatto a Luciano Spalletti, a quei tempi ancora nella Capitale, che se la prese con il collega: «C' è gente che si propone per prendere il mio posto sulla panchina giallorossa, compreso lui», aveva sentenziato il toscano. Di Francesco, in poco più di due mesi, ha però già fatto meglio del predecessore, che lo ha sconfitto con la sua Inter all' Olimpico: un anno fa, dopo l' undicesima giornata, i giallorossi erano secondi in classifica con 23 punti, uno in meno di quanti ne hanno adesso (con una gara da recuperare a Marassi contro la Sampdoria). È ancora presto per fare proclami, ma la rivoluzione silenziosa è già partita. di Francesco Morrone

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