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Supercoppa, la pagliacciata del calcio che va dietro ai soldi: alla faccia dei diritti civili

Gino Coala
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Il calcio italiano si rende protagonista di un' altra figura barbina che annienta i buoni propositi contro razzismo e violenza sulle donne, rivendicati, a più riprese, come battaglie di vitale importanza e valori base di un Paese che si vuole ritenere "civile". Il che è il minimo se, appunto, si vuole parlare di civiltà, ma il nostro pallone cade miseramente davanti alle sue stesse parole con la scelta di giocare la finale di Supercoppa Italiana in Arabia Saudita. Non solo si conferma la tendenza di correre dietro ai petrodollari (oltre 20 milioni il guadagno stimato), ma per intascarli si è disposti anche a chiudere gli occhi su quanto avviene in un Paese che traduce in pratica l' esatto opposto di quanto professato qui da noi. È notizia di giugno il permesso accordato alle donne di guidare un' automobile, fatto che ha avuto risonanza mediatica mondiale visto l' assurdo divieto in vigore da sempre. E, all' alba del 2019, già questo la dice lunga... C' è poi la sanguinosa guerra con lo Yemen, che dal 2015 vede l' Arabia impiegare sproporzionate forze contro i civili dello stato confinante, inducendo a carestie e crisi umanitarie. Infine, il truculento omicidio del giornalista e dissidente saudita Jamal Khashoggi, ucciso dopo essere entrato nel consolato dell' Arabia (che prima ha smentito e poi confermato) a Istanbul, per cui è stato chiesto l' arreso di due alti funzionari sauditi ritenuti responsabili. Basta questo per spiegare la spudorata incoerenza delle istituzioni italiane che si riempiono la bocca di ideali, salvo poi ingoiarli con beveroni di liquidità monetaria. di Filippo M. Capra

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