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Juventus, Cristiano Ronaldo resta solo se... Le condizioni del fenomeno: i tifosi sudano freddo

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«È tempo di riflessione, analizzare alti e bassi perché il pensiero critico è l'unico modo per migliorare. Un club enorme come la Juve deve sempre pensare come il migliore del mondo. Possa questo breve periodo di vacanza permettere a tutti noi di prendere le migliori decisioni per il futuro e tornare più forti e impegnati che mai». Parole di Cristiano Ronaldo, scottatissimo dopo l'eliminazione in Champions agli ottavi (non gli capitava dal 2009/10) che adesso avrà moltissimo da riflettere sulla nomina di Andrea Pirlo, solo sei anni più anziano di lui, come allenatore della Juve che vuole la Champions.

 

Perché la questione allenatore esplosa e risoltasi nella convulsa giornata di ieri è uno dei lati della medaglia. L'altra è quello della rosa. L'Europa ha mostrato che, a differenza della serie A, non permette di nascondere la polvere sotto al tappeto e dunque solo il cambio della panchina per una svolta netta non basterà. È la squadra che deve cambiare volto. C'è stata sfortuna, è vero, perché i bianconeri sono arrivati al dentro-fuori con il Lione con zero alternative in attacco: ko Dybala (il catalizzatore, la fantasia) e Douglas Costa (il dodicesimo uomo di Sarri). Eppure, la sensazione certificata dai numeri è che Ronaldo da solo abbia rappresentato l'80% delle vittorie di questa strana stagione, al restante 20% ci ha pensato Dybala. Gli altri? Hanno galleggiato sulla sufficienza in serie A, ma in coppa il voto è diventato una bocciatura. La rosa si è rivelata inadeguata alla Champions e non è una novità.

Dopo l'eliminazione ai quarti con l'Ajax Ronaldo fece il gesto del "ce la siamo fatta sotto": quest' anno l'irritazione è dominante, perché il mercato successivo ha portato a un risultato anche peggiore, al di là dei diversi linguaggi calcistici parlati da CR7 e Sarri. Ma il problema non è stato il rendimento del portoghese (46 presenze, 37 reti), quanto la metà squadra che alla Juve non serve. I potenziali esuberi sono Rugani, De Sciglio, Danilo, ininfluenti; già venduto Pjanic al Barça, se ne andrà anche Khedira, da tempo in fase calante, e pure il faticatore Matuidi è in bilico; l'altalenante Bernardeschi, ch eno nmatura mai mai, potrebbe essere usato come pedina di scambio, magari col Napoli per prendere Milik, centravanti che servirà come il pane anche perché l'ultimo Higuain è il cugino stanco del bomber che era; Douglas Costa, eterno infortunato, non è più affidabile; Ramsey e Rabiot sono impalpabili in campo quanto pesanti a bilancio (7 milioni netti a testa a stagione fino al 2023): davvero il nuovo mister li conterà nel progetto? Oppure proveranno a spedirli in prestito sperando che qualcuno poi se li compri?

 

Di tutto questo Ronaldo, sotto contratto fino al 2022, sta ragionando. Andrà via? Deve trovare chi gli garantisce almeno i 31 milioni netti all'anno che prende a Torino. E sono in pochi. Il Psg è uno di questi. Il presidente Al Khelaifi solo due mesi fa lo elogiava: «CR7 esempio per tutti». Senza ignorare che, grazie al portoghese, la Juve è diventuto il club più seguito nel mondo sui social media. Per France Football, addirittura, l'affare era già fatto prima dello scoppio del Covid. C'è anche da capire chi farà il mercato della Juve. Ieri il club si è precipitato a smentire via Ansa che sono «totalmente infondate» le voci del siluramento di Paratici, che già ha preso Arthur e Kulusewski. Prima del Lione, tuttavia, Paratici esclamava: «Avanti con Sarri, ha meritato la Juve». Ora sappiamo che non è così: Paratici è un abilissimo diplomatico, oppure non sapeva cosa stava accadendo nel club?

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