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Juventus, cosa succede senza Champions: soldi, le cifre dell'incubo bianconero

Tobia De Stefano
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Si scatena lo tsunami perfetto e quella che veniva considerata la Signora del calcio italiano di punto in bianco si trasforma in un brutto anatroccolo. Non è una favoletta per bambini ma quanto è successo alla Juventus nell'ultimo annus horribilis che resterà indissolubilmente legato alla disastrosa esperienza in panchina di Andrea Pirlo. A metà 2020 il club bianconero veniva (quasi) universalmente riconosciuto come una società modello, gestita in modo oculato, da dirigenti capaci che avevano messo su una squadra vincente in grado di moltiplicare il suo appeal commerciale. Oggi, a pochi mesi di distanza, parliamo di una dirigenza in disarmo che ha gestito da dilettanti allo sbaraglio i casi Suarez e Superlega, ha portato i conti del club in profondo rosso e ha fallito tutti gli obiettivi sportivi dell'anno. 

 

Com'è possibile? Ci vogliono una pandemia, i risultati peggiori di ogni peggiore previsione e un po' di conoscenza della dinamiche finanziare del pallone per svelare l'arcano. Partiamo dalla pandemia. Quant' è costata alla Juve? «Solo nella seconda metà del 2020 - si legge nella relazione semestrale - il protrarsi della pandemia da Covid-19 ha generato un rilevante impatto negativo sui ricavi (principalmente da gare e da prodotti), quantificabile in 50 milioni euro» che a spanne potrebbero raddoppiarsi se consideriamo la seconda parte della stagione agonistica (quindi i primi sei mesi del 2021). 

Poi ci sono i risultati. Dopo nove anni di dominio la Juve ha lasciato il titolo di campione d'Italia all'Inter, in Europa si è fatta eliminare dal non irresistibile Porto e soprattutto rischia di non qualificarsi per la prossima Champions League. Perdite? Almeno 50 milioni di euro. L'anno scorso con Sarri in panchina e senza pandemia, il club bianconero (uscito agli ottavi) aveva guadagnato 84,1 milioni grazie all'ex Coppa dei Campioni. A questi però vanno sottratti gli eventuali incassi per la partecipazione all'Europa League e se i bianconeri dovessero farsi strada potrebbero incassare 30 milioni. Quindi arriviamo alle particolarità finanziarie del mondo del calcio. Il football è un business che non consente di tagliare velocemente i costi visto che una delle voci più rilevanti - gli ingaggi dei calciatori - ha di solito scadenze a due-tre anni. 

 

Così se ti capitano degli imprevisti - leggi Covid - o risultati impronosticabili - tipo Juve al quinto posto - fai fatica a correggere i conti in corsa. E infatti i conti della Juve piangono. Da un lato ci sono i debiti che a giugno potrebbero raggiungere quota 550 milioni. La semestrale - tra i 357 milioni di debiti finanziari (inclusi i 175 milioni di Ronado bond che scadono a febbraio del 2024) e i circa 90 dovuti agli altri club per le campagne trasferimenti (211 per gli acquisti meno 122 di crediti per le cessioni dei calciatori) parla di un rosso di 450 milioni. 

Ma non si tiene conto del secondo semestre e nel secondo semestre dello scorso anno la Juve aveva accumulato un altro centinaio di milioni di debiti. Morale della favola: se i costi rimangono pressoché stabili (gli stipendi pesano per 240 milioni), i ricavi come abbiamo visto diminuiscono (258 milioni contro i 322 della semestrale dell'anno prima), il debito si fa monstre e le perdite passano da 63 a 113 milioni, non resta che una soluzione, tagliare. E ovviamente il pensiero corre ai giocatori con gli ingaggi più corposi o ritenuti non essenziali. Tra i primi va inserito di diritto il nome di Cristiano Ronaldo che prende 31 milioni netti, tra i secondi invece ci sono i vari Rabiot, Ramsey (7 netti) e Bonucci (6,5 milioni netti), senza dimenticare che Paulo Dybala è a quota 7,3. Non a caso il club ha chiesto ai suoi giocatori di posticipare il pagamento di 4 stipendi (da marzo a giugno). Un palliativo. Nella speranza che quanto prima il brutto anatroccolo si ritrasformi nella bella Signora che tutti conosciamo.

 

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