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Simone Inzaghi e l'Inter come il Var: a Torino è andata via la luce. Tutti gli errori in campo e fuori

Claudio Savelli
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Non può esistere una favorita per lo scudetto in un anno così tremendamente al ribasso in termini di qualità. Il paradosso è che tra tutte, ora non sembra essere l'Inter che invece lo era per tutti non più di due mesi fa. Si è fermata dopo il tilt del derby, quando Inzaghi era chiamato al salto di qualità, sia come comunicazione sia come preparazione strategica. Non ha intuito che la sua squadra aveva bisogno di essere strattonata mentre si sentiva arrivata e di qualche piano di gara alternativo a quello tradizionale. Così l'Inter si è sgonfiata: nelle ultime sei di campionato è finita due volte ko, ne ha pareggiate tre e vinto solo con la Salernitana. Nel 2022 ha perso almeno 6 o 5 punti rispetto alla Juve e alla coppia Napoli-Milan. A Torino evita la sconfitta nel recupero, cambia qualcosa per il morale, niente per la classifica. La notizia è che per la prima volta da inizio anno i campioni non sono più primi nemmeno virtualmente: ora devono superare il Napoli passando a Bologna e inseguire i cugini, che hanno pure il vantaggio degli scontri diretti. Cambiano d'un tratto i ruoli: il Milan deve fare l'Inter e viceversa. Nel momento in cui il gioco conta meno, quella che giocava meglio ha raccolto poco o nulla. È il periodo delle partite sporche e, vista la poca qualità, l'unica arma per superarle è la lucidità. Inzaghi l'ha persa, lo dimostrano alcune rotazioni senza senso (perché Dzeko di riposo a Liverpool e Dumfries risparmiato a Torino?). La testa del Milan è invece libera e infatti regge anche un vantaggio di misura come quello sull'Empoli. Ora sì, è corsa a quattro per lo scudetto. Scommettiamo che tra un paio di partite lo dirà pure Allegri, che allo scaricabarile degli allenatori ci sta giocando volentieri, sapendo di essere il più scafato. Fa impressione che alla Juve sia bastato un centravanti per tornare nell'orbita delle prime. E che il Napoli sia sempre e sempre più lì, incollato al Milan, nonostante l'altalena tra prove di grandezza fallite e reazioni di spessore come quella di Verona. A margine, una nota: non va più il Var. O meglio, è stato derubricato a strumento di valutazione di casi geometrici (il fuorigioco). Per il Torino c'era un rigore, alla Roma è stato invece regalato, né l'uno né l'altro sono stati visionati dall'arbitro abordo campo. Prima era troppo Var, ora è troppo poco. Chissà dopo quanti anni si troverà una corretta via di mezzo. 

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