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Inter, nervi a pezzi: dopo l'ultimo litigio... cosa sta accadendo davvero

Claudio Savelli
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 L’Inter ha i nervi a fior di pelle e non si capisce perché, come dimostra il finale di gara sereno e vincente. Dopo Barella- Lukaku tocca a Onana e Dzeko litigare platealmente in campo. La tensione è comprensibile ma a certi livelli bisogna saperla gestire e risolvere le questioni lontano dai riflettori. In ogni caso sono due indizi di un nervosismo oltre la soglia della normalità. Ha ancora meno senso questo fastidio di fronte al Porto, un derivato dell'Atletico Madrid di Simeone dei tempi d'oro. È una squadra che gioca sulle emozioni della rivale, quella di Conceicao: sporca la partita, esaspera alcune azioni palesemente fuori luogo come la rimessa battuta a gioco fermo che porta ad un accenno di rissa, mina la serenità dell’allenatore e dei giocatori rivali.

Una formazione come l’Inter che vuole dominare il gioco può perdere qualche certezza nel pantano di una gara del genere ma ci si aspetta che, dopo cinque anni consecutivi di Champions, si sia riabituata a certi giochi mentali. Il carico emotivo di questa competizione è enorme, non a caso vince il Real Madrid che ne assorbe il peso e gioca come se fossero partite amichevoli. Serve attenzione massima, una soglia di concentrazione più alta del solito, non è il caso di sperperare energie per litigare. Diventa evidente in partite di questo tipo il problema strutturale dell’Inter, ovvero la mancanza di un uomo - uno - che salti l’uomo. Se in Italia si può aggirare il problema attraverso la qualità dei giocatori e del gioco, in Europa dove il livello è alto questa diventa una carenza pesante. Quando è richiamato in panchina, Dzeko fa di tutto per mostrare la sua insofferenza probabilmente nata dal battibecco con Onana. Manda a quel paese Inzaghi che l’ha sempre tenuto su un piedistallo e considerato titolare. Non si può giustificare questo nervosismo con l’inesperienza, se è vero che coinvolge due dei sei giocatori che hanno giocato i quarti di Champions nella rosa nerazzurra

 

. Tutto questo fastidio, sommato ad un eccesso di didattica di un Inzaghi ripiombato nei cambi programmati e nel freno a mano tirato, produce una delle peggiori Inter degli ultimi due anni nei primi 70’, di fatto sprecati. La prima combinazione degna di nota arriva al 71’: Brozovic-Calhanoglu-Lukaku-Lautaro che non arriva sul pallone per pochi centimetri. Pochi secondi dopo però il centrocampo è scoperchiato e Taremi si presenta di fronte ad Onana, sbagliando di pochi centimetri: ecco la perdita di distanze ed equilibrio, l’altro atavico problema nerazzurro. Per vincere basta un minimo di lucidità. L’Inter se ne accorge tardi. Sempre meglio che mai, ma tardi. È la lucidità di Calhanoglu nel farsi fare fallo da Otavio, già ammonito. È quella di Brozovic che, quando entra, prende in mano la squadra e alza il tono della prestazione dei compagni. È quella di Lukaku che tira in porta, coglie il palo ma resta lì e ribatte per segnare. Senza tutto quel nervosismo, sarebbe stata una partita in discesa. Lo è diventata negli ultimi minuti, a conferma che l'Inter ha un livello potenziale più alto di quello che spesso offre.

 

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