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Milan, così Pioli ha ribaltato Paolo Maldini: nel segreto di Milanello...

Claudio Savelli
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Non si sente più nessuno dire che i nuovi giocatori hanno bisogno di tempo per inserirsi, che non si costruisce una squadra in due mesi, che bisogna avere pazienza. Forse perché erano le scuse degli allenatori incapaci o gli alibi dei calciatori sopravvalutati. In serie A è partito meglio chi ha cambiato di più. Il Milan, ad esempio, ha trovato nuove motivazioni nel cambio di modulo e nel nuovo centrocampo. È come se fosse curioso di scoprirsi con il 4-3-3, con un regista e due mezzali, ruoli mai avuti prima, e due ali che possono difendere meno e attaccare di più. La nuova proposta di Pioli fa bene ai giocatori e ai tifosi. Entrambi si eccitano di fronte alle novità.

Nasce un’adrenalina diversa, un nuovo entusiasmo, un’elettricità che riporta la squadra nel percorso e che dà un senso al tutto. Meglio osare che conservare, meglio rivoluzionare che preservare, nel calcio di oggi. Perché ormai i calciatori hanno le competenze per giocare ovunque e rendere fin dal primo istante, se il talento e la personalità sono dalla loro parte: Pulisic e Reijnders sono due buoni esempi dell'inserimento istantaneo. Anche la storia della serie A “campionato difficile” per cui bisogna ingaggiare quelli che ci hanno già giocato è falsa. O perlomeno passata. Il nostro campionato - per fortuna - è ormai uscito dal guscio ed è vicino agli altri.

 

 

 

Chi gioca bene in Inghilterra, in Germania o in Olanda, giocherà bene anche in Italia. Non esistono più i confini del calcio, Pioli lo ha capito indicando solo giocatori che giocavano all'estero. Anche perché lì fuori, i giovani non sono inesperti ma già compiuti, avendo avuto più responsabilità fin dai primi giorni di carriera. Poi le novità diventano abitudini, e a quel punto un bravo allenatore deve inserirne altre, anche non eclatanti. È un processo costante che a inizio campionato vede un picco.

 

 

 

La Roma è rimasta identica e infatti sembra annoiata. Va per inerzia ma l’inerzia di inizio anno può essere fiacca, soprattutto per una squadra allenata da un uomo che si esalta quando sente il profumo dei trofei. Mourinho non ha avuto molto dal mercato ma con quel poco avrebbe potuto inventarsi qualcosa. Basta poco per sentirsi vivi. Se non è un uomo, può (deve) essere un guizzo tattico. La Roma di scena a Verona è vuota di idee e priva dello show di Mou a bordo campo. Il passo indietro coincide con il ritorno di Dybala e forse non è un caso: inconsapevolmente i compagni si illudono che una giocata dell’argentino risolva la situazione. Troppo comodo. Entra Aouar e segna: ecco la novità. Lukaku può essere la prossima. L’apatia abita anche l’Atalanta, che approccia alla sfida con il Frosinone come se fosse un allenamento di routine, da sbrigare senza sforzarsi troppo. Gasperini è sempre stato un maestro a inserire le novità, soltanto ora ha tralasciato questo particolare. Insegnano Di Francesco e Baroni che modificano il Frosinone e il Verona e raccolgono le prime soddisfazioni. Il loro approccio al campionato è famelico. Bravi. È l’energia delle piccole a rendere grande il campionato.

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