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Inter, Acerbi "interrogato": "Mai dette frasi razziste", si ribalta il caso-Juan Jesus

Gabriele Galluccio
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La speranza di Francesco Acerbi di non incorrere in una pesante squalifica potrebbe essere morta in... stazione. Allontanato dalla Nazionale per il presunto insulto razzista rivolto a Juan Jesus nel corso di Inter-Napoli, il difensore nerazzurro è stato intercettato a Milano, dopo essere sceso dal treno, e ha aggravato la sua posizione aprendo bocca. La stessa dalla quale probabilmente è uscito quel «sei solo un negro» che rischia di fargli passare un mare di guai. «Non ho detto nessuna frase razzista, questo è poco ma sicuro», ha dichiarato Acerbi in stazione. E allora perché in campo si è scusato con Juan Jesus, tra l’altro indicando il compagno Thuram ed esclamando: «Lui lo sa che non sono razzista!».

Forse il difensore è stato mal consigliato, a giudicare dalle dichiarazioni del suo agente, Federico Pastorello: «C’è stato un diverbio in campo ma senza usare un’espressione o una frase razzista». Le possibililità sono le seguenti: 1) per Acerbi e il suo procuratore dare del “negro” a una persona di colore non è un insulto razzista, 2) Acerbi ha deciso di mentire dopo aver capito che forse non esiste modo di provare che abbia detto quella frase, 3) Juan Jesus è impazzito di punto e in bianco e ha inventato tutto. Ma che motivo avrebbe di farlo, il difensore brasiliano, che anzi con il suo atteggiamento aveva dato una grossa mano ad Acerbi: l’arbitro gli aveva chiesto se fosse il caso di sospendere la partita, ma lui aveva risposto di no e dopo il fischio finale aveva pure sminuito l’episodio, derubricandolo a “cose di campo”.

BOTTA E RISPOSTA
Dopo le uscite pubbliche di Acerbi e del suo agente, Juan Jesus ha però deciso di intervenire per non fare la figura del bugiardo. «In seguito alla mia protesta con l’arbitro - è la sua versione ha ammesso di aver sbagliato e mi ha chiesto scusa, aggiungendo poi anche: “Per me negro è un insulto come un altro”. La questione si era chiusa e sinceramente avrei preferito non tornare su una cosa così ignobile, ma leggo dichiarazioni di Acerbi totalmente contrastanti con la realtà dei fatti». Dove sta la verità spetta scoprirlo alla procura federale, che è stata chiamata in causa dal giudice sportivo per un supplemento di indagine: manca una prova schiacciante contro Acerbi, ma il comportamento ambiguo tra campo e stazione non depone a suo favore.

 


Nelle prossime ore i due protagonisti saranno ascoltati insieme dal procuratore: nel caso in cui le posizioni non dovessero mutare sarebbe la parola di Juan Jesus contro quella di Acerbi. Il difensore nerazzurro ha incontrato ieri i vertici del club e ha ribadito che nelle esternazioni verso Juan Jesus non c’era intento razzista e discriminatorio. L’Inter attende che sia la procura a giudicare il caso, che non è stato gestito bene da Acerbi e dal suo agente ed è stato reso ancora più antipatico dal fatto che il presunto insulto si sia verificato proprio nella domenica in cui si doveva dare un “calcio” al razzismo. Se la procura federale dovesse ritenerlo colpevole, il difensore nerazzurro andrebbe incontro ad almeno dieci giornate di squalifica: per lui sarebbe quindi “game over”, dato che non avrebbe la possibilità di rientrare in campo nel corso di questo campionato. Qualcuno ha fatto una fuga in avanti e ha addirittura ipotizzato la fine della carriera di Acerbi, ma ci sembra esagerato: le dieci giornate di squalifica, previste dal codice di giustizia sportiva per i comportamenti razzisti, e l’eventuale esclusione dalla Nazionale - e quindi dagli Europei - sarebbero un prezzo adeguato. Una volta pagato, e magari riconosciuto l’errore commesso, è giusto che prosegua tranquillamente la sua carriera: a 36 anni è ancora un difensore forte e ha un contratto fino al 2025 con l’Inter. Intanto a perderci è ancora una volta il calcio italiano, che puntualmente si ritrova invischiato in un caso razzismo: questo è ancora più grave di quello di Maignan, perché stavolta non sono gli ultras ma è un calciatore ad aver dato il cattivo esempio...

 

 

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