Novak Djokovic incanta e fa discutere anche quando vince. Agli US Open, dopo aver battuto Zachary Svajda, il serbo ha regalato al pubblico il gesto del violino, una delle sue esultanze più amate. Dietro le note di quel simbolico concerto, però, si nasconde una stonatura: il primo set concesso al giovane americano prima di prenderne completamente il controllo e travolgerlo con il suo tennis spietato. A 38 anni suonati, Nole ha mostrato freschezza atletica e lucidità tattica superiori a quelle del rivale ventiduenne, costretto a inseguire senza fiato un avversario che sembrava non conoscere il peso del tempo.
Eppure non tutto è perfetto. In conferenza stampa Djokovic ha confessato di non essere soddisfatto del livello espresso: “A volte sono molto duro con me stesso perché mi aspetto sempre di giocare al massimo, anche se è impossibile — le sue parole — Ho ancora voglia di sfidare i giovani, altrimenti non sarei qui. Ogni volta che entro in campo sento di dover dimostrare qualcosa”. Parole che rivelano la sua mentalità: non guardare troppo oltre, ma restare concentrato solo sul match successivo.
Federer, una macchina da soldi anche senza tennis
Roger Federer ha guadagnato oltre 130 milioni di dollari grazie agli straordinari risultati conseguiti in campo. Soldi g...Il pubblico lo applaude, lui sorride appena: “Non è mancanza di motivazione — spiega — ma frustrazione per il mio gioco. Mi piace competere, non però se non riesco a esprimermi al meglio. Per questo metto pressione su me stesso e sul mio staff”. Poi, quasi a voler rassicurare i tifosi, aggiunge con un sorriso più autentico: “Non preoccupatevi, la prossima volta alzerò il pugno molto di più, solo per i vostri occhi”. Djokovic continua così a vivere il suo rapporto speciale con il tennis: tra perfezionismo, lotta con il tempo e quella fame che, nonostante i trionfi, non accenna a spegnersi.
