L'africano stupratore di Roma in Italia con "permesso umanitario"

di Simone Di Meomercoledì 27 agosto 2025
L'africano stupratore di Roma in Italia con "permesso umanitario"

3' di lettura

Tossico e stupratore, ma in possesso di un permesso di soggiorno umanitario. È finita dopo 48 ore la fuga del violentatore del parco di Tor Tre Teste, a Roma. Il giovane, un 26enne originario del Gambia, è stato rintracciato nei pressi della stazione Termini dai carabinieri, al termine di due giorni di ricerche serrate, anche grazie alle immagini riprese dalle telecamere di videosorveglianza, che lo ritraevano con cappellino e maglietta scura, gli stessi indumenti che indossava al momento del fermo. La stessa vittima, dopo aver visto i filmati, lo ha riconosciuto. Era scappato con il telefonino della donna, una donna di 60 anni aggredita all’alba mentre portava a spasso il cane.

Il bruto, che sarebbe entrato in Italia nel 2016 e avrebbe come detto ottenuto il permesso di soggiorno per motivi umanitari nel 2024 (lavorava come manovale con regolare contratto per una ditta di Guidonia, vicino Roma), avrebbe confessato: «Ero drogato», ammettendo di aver fatto uso di crack.

Poco prima dello stupro si trovava nel quartiere romano del Quarticciolo per acquistare stupefacenti. Una volta fuggito, avrebbe tentato di rivendere il cellulare rapinato nel medesimo rione, diventato ormai un famigerato snodo di traffici illeciti, insediamenti abusivi e microcriminalità. Una sorta di Scampia napoletana dove mafie straniere e nazionali si alleano e si fanno la guerra per prendere il possesso del ricchissimo mercato della “roba”.

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Lo stupro ha fatto riesplodere la questione sicurezza legata all’immigrazione, nella Capitale come anche a livello nazionale. Il leader della Lega e vicepremier Matteo Salvini ha commentato: «La Lega continua a ritenere che, per pedofili e stupratori, la castrazione chimica sia la soluzione». Mentre a Roma si è registrato un nuovo affondo da parte delle opposizioni locali alla giunta dem guidata da Roberto Gualtieri. Federico Rocca, consigliere capitolino di Fratelli d’Italia, ha denunciato: «Questo è solo l’ultimo di una lunga serie di atti violenti: dal tragico omicidio di Villa Pamphili ai raid nel parco della Caffarella, solo per citare alcuni casi, possiamo dire che la misura è colma». Per Rocca, che è anche responsabile sicurezza di Fdi, servono più controlli, telecamere funzionanti e una vigilanza attiva, in grado di restituire tutela ai cittadini nei parchi, ormai ridotti a territori privi di presidio.

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In questo contesto, suona come una beffa l’inattività dei droni acquistati nel 2021 dalla giunta Raggi: dieci dispositivi Mavic Air 2, tecnologicamente avanzati e dotati di tutto il necessario per missioni di sorveglianza ambientale e controllo delle aree verdi, giacciono ancora nei magazzini. Nessuno li ha mai utilizzati. Il Comune aveva persino formato 54 agenti della polizia locale per pilotarli, ma la burocrazia, unita al cambio di amministrazione e all’inerzia degli apparati locali, ha paralizzato ogni progetto.

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L’annuncio, nel 2022, dell’imminente utilizzo dei droni è rimasto lettera morta. Sullo stesso piano si collocano le e-bike della polizia locale, altro investimento che avrebbe meritato ben altra fortuna. Fabrizio Santori, capogruppo della Lega in Campidoglio, ha attaccato: «La polizia locale è dotata di 47 biciclette a pedalata assistita che in teoria avrebbero potuto garantire mobilità, controllo nei parchi e sulle piste ciclabili. In realtà, non è stato registrato alcun servizio attivo negli ultimi mesi. I mezzi sono ormai inutilizzati». A suo dire, il quadro attuale dimostra che «la sicurezza, ormai, appare piegata a strategie simboliche e annunci a vuoto, lasciando Roma in balìa dell’abbandono e della pericolosità».

Lo scenario è desolante ovunque. I tossicodipendenti, spesso in stato confusionale, vengono avvistati persino lungo il Grande Raccordo Anulare, mettendo a rischio la sicurezza stradale: li chiamano “zombie”. Le forze dell’ordine sospettano che, nei pressi del Gra, si stiano formando nuove piazze di spaccio nascoste tra la vegetazione, simili alla “Rogoredo” di Milano.

Anche il quartiere Esquilino vive tensioni continue: piazza Pepe e i giardini Calipari sono teatro di scontri tra stranieri senza fissa dimora in lotta per il controllo dello smercio di droga. E ancora: Cinecittà, Trastevere, Testaccio, Corviale e Ostia sono ostaggio di bande di pusher sempre più radicati e violenti, che trasformano interi circondari in zone ad alta pericolosità dove i residenti vivono nel terrore quotidiano di sparatorie ed assalti coi machete.

L’azione dei volontari di Villa Maraini fotografa meglio di qualunque statistica l’ampiezza del fenomeno droga: nel solo 2024 hanno raccolto 1.700 siringhe in strada e preso in carico 140 nuovi tossici in stato di totale abbandono psico-fisico. Un’azione continua e silenziosa, che compensa in parte l’assenza di una strategia pubblica efficace.