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Brescia, l'islamico fa propaganda all'Isis ma il giudice lo lascia libero: "Video troppo brevi"

Arrestato il 3 novembre 2016, un kosovaro di 24 anni viene subito liberato. I giudici del Riesame lo hanno "assolto" e a nulla è servito anche il richiamo della Cassazione. Per i togati bresciani, pubblicando in Rete filmini dal titolo "prendi la mia mano e andiamo al jihad", Gafurr Dibrani non ha commesso «apologia del terrorismo ma condivisione ideologica» (video pubblicato da Quibrescia su Youtube). La motivazione dei giudici è che il video "incriminato" è troppo breve per reclutare proseliti. E allora quale sarebbe la durata minima per considerare un film come uno strumento di propaganda? Strano che nessuno abbia considerato che in passato aspiranti terroristi sono stati condannati anche solamente per due fotografie trovate sul cellulare. Senza contare che forse proprio questa fermezza nell' allontanare anche solo i sospetti fiancheggiatori dell' Isis ha finora salvato l' Italia da attentati, che invece colpiscono Paesi più tolleranti e pronti all' accoglienza multiculturale. Sette mesi fa il kosovaro era finito in manette al termine di un' indagine della Digos bresciana. L' uomo era stato protagonista di un radicale cambiamento dal punto di vista fisico. Da abiti normali, era passato a indossare la tunica e a portare la barba lunga. Secondo gli investigatori, subito dopo lo sgozzamento dell' Isis in Francia, in cui era morto il prete Jacques Hamel, Dibrani aveva cercato riferimenti di chiese a Milano. Un particolare che aveva fatto temere una volontà di emulazione, ma i sospetti si erano acutizzati quando il 24enne aveva pubblicato dei video su Internet inneggianti al terrorismo islamico e contro l' occidente. Nelle immagini si vedevano perfino bambini che fanno esplodere ordigni contro i presunti infedeli. Per i poliziotti non c' erano dubbi: il 24enne puntava a partire per arruolarsi tra le fila dello Stato Islamico. Tanto che avrebbe coinvolto anche il figlio di quasi due anni, fotografato vestito da mujahed. Ciliegina sulla torta, infine, secondo il pm, Dibrani avrebbe avuto rapporti con Anas El Abboubi, altro presunto jihadista cresciuto in Italia e partito per la Siria quattro anni fa, dopo la scarcerazione. Eppure lui, Gafurr Dibrani, fin dall' inizio, già al momento dell' arresto si era detto innocente e mai a favore dei terroristi. Tanto che due settimane dopo il provvedimento di carcerazione emesso dal giudice Alessandra Sabatucci, il Riesame di Brescia aveva disposto la liberazione per «scarsi indizi di colpevolezza». È intervenuta perfino la Cassazione, che ha invitato il tribunale a rivalutare gli elementi, ma due giorni fa il Riesame ha ribadito che Dibrani non può essere accusato di apologia del terrorismo. Per ora c' è solo la sentenza e non sono note le motivazioni, ma pare che la decisione si dovuta alla (scarsa) lunghezza dei video pubblicati da Gafurr. di Roberta Catania

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