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Immigrazione, le navi delle Ong sono sparite dal Mediterraneo: perché sono bloccate

Gino Coala
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Sono bastati pochissimi giorni perché il traffico di navi delle Ong nel Canale di Sicilia si riducesse fino a quasi scomparire. Negli ultimi sette giorni, spiega l'agenzia Onu Unhcr, sono state "riportate in Libia oltre 2500 persone e in 20 centri in condizioni estreme, con oltre 40 gradi". È l'effetto della chiusura, di fatto, dei porti di Malta e Italia alle navi delle Ong, non più autorizzate tanto per gli sbarchi quanto per gli scali tecnici di rifornimento o cambio equipaggi. Leggi anche: Salvini a Pontida: "I porti sono e restano chiusi ai trafficanti di immigrati" Il sistema di soccorso alternativo a quello della Guardia costiera libica e a quella italiana comincia a vacillare. Il blocco dei porti crea un problema operativo non da poco per le Organizzazioni non governative: "Ci hanno fatto una verifica a bordo cui non è stato dato seguito - ha spiegato al Corriere della sera Giorgia Linardi, portavoce di Sea Watch - Dovremmo risalpare domani sera (cioè oggi) ma non sappiamo se ci verrà permesso". E con il passare del tempo aumentano anche i costi di mantenimento delle navi, così le Ong cominciano a farsi due conti in tasca: "Se si calcola che un giorno di navigazione costa in media 11 euro e un pieno di benzina 45 mila - dice Sophie Beau di Sos Mediterranée - è chiaro come allungare la rotta verso Francia e Spagna comporti una spesa gravosa". L'Aquarius è attraccata a Marsiglia, la tedesca Sea Eye è ferma in porto a Malta, la Lifeline resta sotto sequestro dopo l'ultimo sbarco.

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