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Vittorio Feltri: i ministri dell'istruzione hanno distrutto il lavoro dei giovani

Matteo Legnani
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Finché l' istruzione patria sarà nelle mani della Fedeli o ministri del genere, la maggioranza dei giovani faticherà a trovare un lavoro o non lo troverà affatto. I signorini tra i 25 e 29 anni sono spesso disoccupati, la cui percentuale è quasi del 50 per cento. Il titolo di studio sarebbe importante se avesse un contenuto che, invece, in Italia non ha. Il nostro Paese è rimasto indietro, anzi, rispetto al passato è peggiorato. Le medie superiori, nonostante vari ritocchi formali, sono ferme agli anni Cinquanta. E le università, aperte a qualunque diplomato, sono piombate nel grigiore, se si escludono quelle scientifiche. Cosicché il famoso pezzo di carta è scaduto di valore, non aiuta più chi lo ha conseguito ad assicurarsi un impiego soddisfacente. La distanza tra lo studio e il lavoro è aumentata a dismisura, accentuata dalla diffusione della telematica. In altre nazioni si è provveduto saggiamente a trasformare gli studenti in apprendisti, costringendoli a fare esperienze formative in fabbriche e uffici. Ciò agevola i ragazzi nel momento in cui si tratta di cominciare a guadagnarsi uno stipendio. Da noi tra la cultura e la produzione c' è un abisso incolmabile. Si frequentano facoltà umanistiche con la pretesa di spianarsi la strada. La laurea fa status ma non prepara nessuno a soddisfare le esigenze del mercato. Pertanto i dottori che ambiscono a conquistare una scrivania e una busta paga adeguata sono destinati alla frustrazione. Non hanno un futuro e neppure un presente. Sono costretti ad arrangiarsi in qualche modo e di norma vanno incontro a forti delusioni. L' impianto scolastico andrebbe riformato di sana pianta. Si tratterebbe di copiare quello francese o quello tedesco oppure inglese. Ma siamo scarsi nell' arte di imitare chi è più bravo di noi a coniugare la scienza con la pratica. Se nell' ambito della politica abbondano gli inetti, noi scegliamo il più inetto e lo nominiamo ministro dell' Istruzione, che per non perdere la cadrega sarà succube degli insegnanti, i quali pensano solo a conservare la cattedra e la paga, per quanto esigua. Difatti chi ottiene un reddito, anche piccolo, diventa in fretta conservatore e si terrorizza davanti a qualsivoglia cambiamento. Le famiglie lasciano che i figli scelgano in proprio i corsi preferiti, non mettono lingua e si rassegnano a mantenere la prole adulta anni e anni, indifferenti al fatto di avere in casa dei bamboccioni. Questa purtroppo è la realtà e non siamo capaci di modificarla. Un tempo si cominciava ad andare a bottega da adolescenti. Si imparava un mestiere poi si tentava di entrare nell' ascensore sociale. Si saliva piano piano. Un mio compagno di classe, finite le medie inferiori, si iscrisse all' istituto tecnico industriale e divenne perito chimico. Lo persi di vista. Molti lustri più tardi si fece vivo e mi invitò a pranzo. Scoprii così che era presidente della Bayer Italia. Fu per me una grande emozione. Lo ricordavo poco più che bambino impacciato. Evidentemente aveva un carattere d' acciaio e, spinto dalla fame, raggiunse una vetta altissima. Questo episodio emblematico dimostra che si fa carriera con la volontà e non con le lauree triennali dei dottorini. Un' ultima annotazione. Mezzo secolo fa le città erano piene di scuole serali a disposizione degli studenti-lavoratori. Di giorno sgobbavano e al tramonto entravano in classe e si ammazzavano sui libri. Rientravano a domicilio dopo le 22, si strozzavano con un boccone ingurgitato in fretta, quindi si dedicavano ai compiti. Non uno di essi fallì. Rammento un impiegato della Provincia, si chiamava Pari (credo), che si diplomò ragioniere e, non pago, si laureò in economia ovviamente studiando di notte. Vinse il concorso e fu issato sul trono di capo della ragioneria del Comune. Storie minime nella loro grandezza. Non si ripetono più. I giovani ora vanno in discoteca. La fine delle scuole serali ha dato la stura alla decadenza. di Vittorio Feltri

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