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Vittorio Feltri a Matteo Salvini: "Non perdere la pazienza ma lascia perdere Di Maio"

Andrea Tempestini
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Caro Matteo Salvini, non ho mai osato interferire nel tuo lavoro politico e non lo farei neanche ora, perché ciascuno deve pensare a se stesso. Però il caso in questione è talmente grave che impone una eccezione alla regola. Tu sei impegnato a trovare un accordo (impossibile) con Luigino Di Maio allo scopo di creare una maggioranza da cui sortisca un governo per il Paese martoriato dalla generale insipienza. Da oltre un mese i cittadini assistono a uno spettacolo grottesco: incontri, telefonate, dibattiti televisivi, confronti con il capo dello Stato. Una commedia dell'assurdo (degna di Eugène Ionesco) che non ha prodotto nemmeno un sorriso bensì solo un senso di disgusto. Non dico sia anche colpa tua. Affermo soltanto che ti sei illuso di avere un interlocutore alla tua altezza. In realtà Di Maio è un personaggio che sarebbe piaciuto al Ruzzante, pittoresco eppure indegno di fiducia. Un simpatico rompiballe che al bar commercio può rimediare la sua figura, ma che al terzo bicchiere di bianco non è in grado di connettere e conviene trascurarlo. Invece tu insisti nel volerlo piegare alle tue buone ragioni. Uno sforzo vano, una perdita di tempo. A questo punto suppongo ti sia venuto il desiderio - irresistibile - di mandarlo affanculo. Che aspetti a mandarcelo? E finisca l'operina stucchevole. Leggi anche: Feltri, la sentenza: "Così il mondo riderà dietro all'Italia" Smettila di corteggiarlo. Vediamo cosa egli sarà capace di combinare col suo straccio del 33 per cento ottenuto alle elezioni del 4 marzo scorso. Si sente un dio, quantomeno un miracolato e prova in ogni modo a infinocchiarti, trascinando la Lega in una esperienza comunque destinata al fallimento. Abbandonalo alla sua presunzione accresciuta dal fatto che i poveri terroni si sono affidati a lui, sperando nel reddito di cittadinanza che non sarà mai elargito per evidente mancanza di risorse. Non devi prestarti al gioco infantile del ragazzino insolente di Napoli, convinto di essere un genio da Beppe Grillo, il quale lo ha usato come un capo cameriere per tenere buona la propria servitù confusa e stordita. Matteo, non dare retta a un giovanotto dal futuro incerto che cerca di abbindolarti, un giorno dice una cosa e il giorno dopo ne dice un'altra senza mai dire nulla di concreto, realizzabile. È un disperato che ha ficcato la testa nella greppia della politica ed è persuaso di ingannare tutti dall'alto della sua astuzia partenopea. Non puoi bere alla sua fonte inquinata e non renderti conto che morirai avvelenato tra atroci tormenti. Fuggi dal giovincello che ti prende per il naso, rientra in te e conduci la tua battaglia in solitudine. Di Maio si arrangi, affacciati alla finestra e goditi lo spettacolo del suo agitarsi nel tentativo di sedersi da trionfatore fasullo sul trono di Palazzo Chigi. Assisterai a una caduta e avrai la conferma che costui è un bluff. Non ti sforzare per niente. I risultati scaturiti dalle urne non permettono di costituire alcun esecutivo. Bisognerà tornare ai seggi, però sarà necessario cambiare la legge elettorale altrimenti l'esito della consultazione sarà la fotocopia del precedente. Né potrebbe essere diversamente. Se avessimo ascoltato, anziché snobbarlo, il politologo Sartori, il quale predicava l'esigenza del doppio turno alla francese, non saremmo ancora qui a romperci le scatole col sistema di voto: chi prende un suffragio in più governa e gli altri zitti e pedalare. di Vittorio Feltri

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