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Spread e Borse temono più Monti che Berlusconi

Per i giornali italiani basta una parola del leader Pdl a far crollare i mercati. Che però se ne fregano e guardano solo i dati economici: tutti peggiorati coi tecnici

Giulio Bucchi
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  di Franco Bechis Spread su e borse giù appena fa un comizio in tv Silvio Berlusconi. Spread giù e borse su appena Pierluigi Bersani tocca terra a Berlino e inizia a flirtare con Mario Monti. Rispread su e riborse giù se all'indomani mattina Nichi Vendola tuona: vero che vuole i matrimoni gay, ma quello con Monti sarebbe troppo gay anche per lui. O sono impazziti i mercati, o fuori di testa è chi li racconta ogni giorno nelle cronache economiche che dilagano sulle pagine dei quotidiani, nei dispacci di agenzia, nei tg e soprattutto nei siti Internet. Secondo queste raffinate e concordi analisi i mercati di mezzo mondo improvvisamente non riescono più a perdersi nemmeno un sospiro della campagna elettorale italiana. Trader, analisti, banchieri e perfino speculatori sarebbero lì a cogliere le sfumature smanettando fra un Ballarò e un Porta a Porta provocando scossoni sui mercati. Berlusconi recupera (anche se per tutti i sondaggisti la sconfitta elettorale è l'ipotesi più probabile), e viene giù Wall Street. Bersani fa il bravo e imbarca il credibile Monti, e alla borsa di Kuala Lumpur finalmente si tira un sospiro di sollievo. Ieri ci sono stati piccoli screzi fra Monti e Vendola, e lo tsunami è ripartito. Come se non pesassero nulla lo scandalo spagnolo che coinvolge il premier in carica, il vero terremoto finanziario che attraverso Monte dei Paschi getta ombre su tutto il sistema bancario italiano, o le difficoltà politiche e finanziarie (siamo in piena lite Francia-Germania) che come sempre sta incontrando l'Unione europea. In Italia piace raccontarsi così, e forse anche darsi un peso che il paese da tempo non ha più. I mercati probabilmente se ne fregano delle sfumature di una campagna elettorale che spesso faticano a comprendere. Ma sulla principale stampa quotidiana si legge soprattutto questo: l'unico politico ritenuto credibile è il «risanatore Monti», e se lui dovesse essere messo fuori dal prossimo governo, l'Italia uscirebbe dal percorso virtuoso delle riforme avviate. Lo dicono i commentatori italiani, è vero. Ma non c'è prova. Qualcuno sa citare una sola di queste riforme? Quella di Elsa Fornero sul lavoro? La stessa che ieri dava questo titolo di apertura al quotidiano di Confindustria: «Italia, emergenza lavoro - La riforma Fornero ha irrigidito la flessibilità in ingresso: bloccati i contratti a termine e il sistema dei vaucher»? Che c'è di virtuoso nell'unica riforma fatta che sta invece mettendo in ginocchio un paese? E quali altre virtù ha portato Monti all'Italia? La risposta nuda e cruda viene come sempre fornita dai freddi comunicati Eurostat, che senza spendere una parola di troppo sono un giudizio senza appello sulle politiche di governo dell'ultimo anno. Secondo tutti i dati macroeconomici Monti ha peggiorato in assoluto e in modo grave i fondamentali dell'Italia. Non solo: ha portato il paese che guidava più lontano dall'Europa e dall'area dell'euro di quanto mai sia avvenuto negli ultimi dieci anni.  Il caso più clamoroso riguarda il debito pubblico: in un anno di governo è aumentato di 104 miliardi di euro, il record assoluto della storia italiana. L'anno prima con Berlusconi era cresciuto meno della metà: 39,8 miliardi di euro. Nell'anno di Monti il rapporto debito Pil è salito dal 119,9% al 127,3%. L'Italia era a 33,1 punti di distanza dalla media dell'area dell'euro, ora è a 37,3 punti di distanza. Il paese è stato messo ancora più ai margini dell'Unione europea. Stesso risultato con la produzione industriale: a novembre 2011 era inferiore alla media dell'area dell'euro di 14,1 punti. Un anno dopo la distanza è aumentata: 17 punti. La produzione nel settore delle costruzioni addirittura ha invertito il suo trend: l'Italia era avanti 3,2 punti rispetto all'area dell'euro, dopo un anno di Monti si ritrova dietro di 7,6 punti. Un flop clamoroso. L'unico fondamentale italiano positivo rispetto alla media dei 17 paesi dell'euromoneta era quello della disoccupazione: fino a dicembre 2011 l'Italia piangeva assai meno degli altri. Oggi li ha quasi raggiunti e in alcuni casi fa peggio di tutti. Monti ha iniziato con una disoccupazione al 9,5%, migliore della media europea di 1,2 punti. Ora la disoccupazione italiana è all'11,20%, ed è a solo mezzo punto dalla media dell'area dell'euro. Si è allargata la forbice della disoccupazione giovanile (era superiore di 10 punti alla media Ue 17, ora è superiore di 12,6 punti). Per le donne si è stabilito un record: l'Italia andava meglio di tutti, ora è fanalino di coda. La disoccupazione femminile era più bassa di 0,4 punti rispetto alla media Eu17, ora è più alta di 0,3 punti. Basta guardare le cifre per capire come i mercati possano provare un brivido solo se Monti si riavvicina a Palazzo Chigi: peggio di lui non ha mai fatto nessun premier italiano, né nella prima, né nella seconda Repubblica.     

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