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G20, Putin: se attaccata, aiuteremo la Siria

Vladimir Putin e Barack Obama

G20, Obama: "Bisogna fare la cosa giusta, attaccare Assad". Undici Paesi, tra cui l'Italia, condannano il regime. Ma Mosca non crede all'uso di armi chimiche

Michele Chicco
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"Tutto quello che riguarda il cosiddetto uso delle armi chimiche è una provocazione da parte dei ribelli, che si aspettano aiuto dall'esterno, dai Paesi che li hanno sempre sostenuti fin dall'inizio". Ne è convinto Vladimir Putin che durante la conferenza stampa di chiusura del G20 di San Pietroburgo ha annunciato la volontà di “aiutare la Siria” nel caso in cui dovesse esserci l'attacco militare, screditando in parallelo le ricostruzioni secondo le quali il regime di Damasco avrebbe usato armi chimiche contro i ribelli. Il presidente russo ha aggiunto che noi “stiamo già aiutando, inviamo armi, cooperiamo nella sfera economica, auspichiamo di estendere tale cooperazione al settore umanitario, che include l'invio di aiuti umanitari e il sostegno delle persone, dei civili, che si sono trovati in una situazione davvero brutta”.   Scelta giusta - Putin alza il livello dello scontro con Barack Obama che, invece, sostiene senza esitazioni l'intervento armato contro il regime di Bashar al-Assad. “Non mi aspettavo un accordo con Putin sull'uso di armi chimiche”, ha detto il Presidente degli Stati Uniti che, da oggi, cercherà alleanze ad hoc per l'intervento in Siria perché “bisogna fare la cosa giusta”. Cioè attaccare Assad per ridurre la sua forza militare e mettere fine al suo regime che rappresenta "non solo una tragedia per la Siria, ma una minaccia per la pace e la sicurezza mondiale". Al termine dei lavori del G20, undici Paesi (Australia, Canada, Francia, Italia, Giappone, Corea del Sud, Arabia Saudita, Spagna, Turchia, Gran Bretagna e Stati Uniti) hanno diffuso una nota in cui "condannano l'attacco con armi chimiche avvenuto a Damasco il 21 agosto e di cui il regime di Assad viene ritenuto responsabile". Il congresso - Barack Obama aspetta, adesso, l'esito del voto al Congresso americano poi deciderà in tempi stretti. Se il voto dovesse essere positivo, Obama vedrebbe rafforzata la sua posizione “impopolare”, ma se il Congresso non dovesse approvare le scelte presidenziali per Obama sarebbe complicato andare avanti. A domanda diretta il presidente non ha risposto ("Non voglio intervenire durante il dibattito"), ma la via di fuga ci sarebbe: mettere su un'ampia alleanza militare, magari tra quella maggioranza che, ha annunciato Obama, ritiene “molto probabile che il regime di Assad sia responsabile dell'uso di armi chimiche”. Difficile, invece, che il blitz eventuale riesca ad ottenere il benestare dell'Onu visto che la Russia è nel Consiglio di Sicurezza ed ha il potere di veto su qualsiasi decisione. Il Nobel - Barack Obama ha anche spiegato che la sua volontà è quella di porre fine alla guerra siriana con l'intervento militare perché “sono stato eletto – ha detto – per far finire le guerre, non per iniziarle”. Intervenire sembra dunque essere ancora la possibilità più accreditata per gli Stati Uniti per risolvere la questione siriana, anche se si intravedono spiragli di una mediazione squisitamente politica. Durante il colloquio con Vladimir Putin, infatti, i due leader hanno trovato l'intesa su un futuro incontro bilaterale tra i rispettivi ministri degli Esteri. Obama ha detto che si è parlato anche di "una soluzione pacifica" ed è per questo che " il ministro degli esteri Lavrov e il Segretario di Stato Kerry si metteranno in contatto prossimamente e discuteranno questa questione così delicata".

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