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Meloni, "altro che scherzo telefonico". L'ombra di Putin: chi sono davvero Lexus e Vovan

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Non è stato uno "scherzo telefonico", quello ordito ai danni di Giorgia Meloni. Semmai una vera e propria "trappola" a opera di due russi, Lexus & Vovan, che ha avuto come risultato quello di compiacere la macchina della propaganda russa. E siccome a Mosca non si muova foglia senza che Vladimir Putin non voglia, il sospetto su una macchinazione ai massimi livelli avallata dal Cremlino non è solo legittimo, ma quasi naturale.

Quanto accaduto lo scorso 18 settembre, insomma, assomiglia tremendamente a un "siluro diplomatico" condotto da due figuri, al secolo Aleksej Stoljarov e Vladimir Kuznetsov, con il chiaro intento di destabilizzare la politica e l'opinione pubblica italiane ed europee. Tanto che anche Repubblica, che pure ha cavalcato la vicenda riportando parzialmente nel titolo le parole pronunciate dalla premier italiana, definisce i due "più comici, complici dei servizi di sicurezza russi".

 

 

A conferma della bravura e delle spalle molto ben protette di Lexus & Vovan, anche lo "storico" dei loro trabocchetti telefonici. Nel recente passato, sono riusciti a ingannare altri leader internazionali e celebrità come Boris Johnson, Recep Erdogan o l'ex presidente americano George W. Bush (presentandosi addirittura come il presidente ucraino Zelensky), fino a J.K. Rowling (l'autrice di Harry Potter) o Elton John. A tutti hanno estorto dichiarazioni compromettenti. E in questo senso Meloni è riuscita a "non cadere nella trappola", come ha sottolineato non a caso il sottosegretario Giovanbattista Fazzolari. Ovvio, però, che quando lo "scherzo" riguarda politici di livello internazionale e tocca temi di strettissima attualità, la situazione cambia. Non siamo più, insomma, di fronte alla versione russa delle Iene o di Striscia la notizia.

Vovan (36enne laureto in legge) e Lexus (35 anni), entrambi con la passione per il giornalismo, sono riusciti ad accreditarsi presso l'Ufficio del Consigliere diplomatico del presidente del Consiglio dei ministri come "il Presidente della Commissione dell'Unione Africana". "L'impostore", come lo ha definito Palazzo Chigi, è così stato messo in contatto con la Meloni. E' il 18 settembre, in quelle ore la premier "sta rafforzando i rapporti con i leader africani con i quali ha avuto importanti incontri a margine dell'Assemblea Generale dell'Onu tra il 19 e il 21 settembre". L'occasione, insomma, è delle più propizie. 

 



La prima parte del colloquio è quasi "neutra". Il finto politico africano chiede conto alla Meloni delle politiche migratorie dell'Unione europea, la premier italiana non rivela nulla di scottante riferendo della situazione difficile da gestire, con "120mila migranti arrivati dalla Tunisia" e destinati ad aumentare. Analizza (con equilibrio) le difficoltà di trovare una intesa a Bruxelles, anche per gli interessi nazionali perseguiti dal presidente francese Emmanuel Macron per esempio in Niger. Tutti temi a carte scoperte, già affrontati sia in interviste e dichiarazioni ufficiali sia nei consessi diplomatici internazionali. Quindi i due russi tendono l'agguato vero e proprio, lamentandosi di un'Europa distratta dall'Ucraina alla quale va la maggioranza degli sforzi economici. Sottratti, così, ai paesi africani.

 

Anche in questo caso, la premier italiana pur "nei toni consueti di estrema cortesia formale che si tengono in interlocuzioni con rappresentanti istituzionali stranieri - sottolinea Fazzolari -, nonostante le provocazioni, ha confermato il pieno sostegno all'Ucraina e le politiche italiane di contrasto all'immigrazione illegale". Quelle parole malamente sintetizzate dalla stampa italiana, "stanchi dell'Ucraina" infatti non sono riferite al governo italiano. Testimoniano semmai il clima internazionale descritto da tutti gli analisti occidentali, un "sentiment" che aleggia nelle principali cancellerie da Washington a Berlino e ben noto anche a Kiev: "Vedo che molti sono stanchi - ecco il passaggio gestuale della Meloni -. A dire la verità, potremmo essere vicini al momento in cui tutti capiranno che abbiamo bisogno di una via d'uscita - è il ragionamento della Meloni -. Il problema è trovare una soluzione che sia accettabile per entrambe le parti, senza violare il diritto internazionale. Ho alcune idee su come gestire questa situazione, ma sto aspettando il momento giusto per provare a presentare i miei pensieri. La controffensiva dell'Ucraina potrebbe non andare come previsto". Lo sa Zelensky, lo sanno Biden, Macron e Ursula Von der Leyen. Impossibile stupirsi o addirittura indignarsi: farlo, come a tratti sta accadendo a sinistra in Italia,.non è altro, questo sì, che un nuovo assist allo Zar.

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