Iran, ayatollah all'angolo: la loro richiesta disperata

di Amedeo Ardenzalunedì 16 giugno 2025
Iran, ayatollah all'angolo: la loro richiesta disperata
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In un Iran senza difese aree anche domenica sono continuate le scorribande dei jet e dei droni israeliani contro obiettivi militari e infrastrutturali in tutto il Paese: da un velivolo in fase di rifornimento all’aeroporto di Mashad nel nordest del paese (a 2.300 chilometri da Israele), a caserme della polizia e dei Guardiani della Rivoluzione a Teheran; e, sempre nella capitale, un’azienda per lo sviluppo per i materiali chimici e un impianto di produzione di centrifughe per le centrali nucleari; a siti di lancio di missili balistici in altre regioni iraniane che il portavoce delle Israel Defense Forces (Idf) non ha menzionato. In alcuni video in circolazione sui social media ieri sono apparse le immagini di un grande collettore di acque fognarie esploso nei pressi di Piazza Tajrish, nel settore nordorientale della capitale iraniana. Anche i media locali, scriveva ieri sera il Times of Israel, avrebbero confermato la notizia sulla quale, invece, le autorità militari israeliane non si sono espresse. Secondo fonti ufficiali iraniane le persone rimaste uccise nelle operazioni militari israeliane sarebbero 128 ma secondo la ong Human Rights Activists con sede a Washington almeno 406 persone avrebbero perso la vita e altre 654 sarebbero rimaste ferite in Iran dall’inizio delle ostilità venerdì scorso.

Sempre da Teheran ha parlato ieri il ministro degli Esteri degli ayatollah, Seyed Araqchi, puntando il dito contro la Casa Bianca, colpevole di aiutare Israele a difendersi dai missili iraniani, ragione per cui «gli Stati Uniti sono complici degli attacchi israeliani e devono essere ritenuti responsabili». Parole che non hanno troppo scosso il presidente Donald Trump. Alla ABC che gli ha chiesto se gli Stati Uniti saranno più coinvolti nel conflitto, il commander in chief ha risposto: «È possibile. Ma in questo momento non siamo coinvolti». La Guida Suprema dell’Iran, scriveva domenica sera il corrispondente di Radio Radicale in Turchia Mariano Giustino, avrebbe aperto trattative con la Russia perché lo aiuti a lasciare il paese.

Trump ha poi ricordato di aver parlato con Vladimir Putin un giorno prima e si è detto «disponibile» a immaginare il presidente russo nel ruolo di mediatore. Una mediazione della quale la Repubblica islamica, le cui agenzie sono piene di appelli all’unità islamica contro il nemico sionista, sa di avere bisogno. Secondo il Jerusalem Post, l’Iran avrebbe contattato Qatar e Oman nel tentativo di mediare un cessate il fuoco con Israele e riprendere i colloqui sul nucleare mentre, l’Arabia Saudita, che ha formalmente condannato l’attacco israeliano ma si sfrega le mani per come l’Iran sta perdendo la guerra, starebbe lavorando dietro le quinte per promuovere un cessate il fuoco.

Da Israele intanto arriva la notizia che molti ex residenti del kibbutz Re’im, una delle comunità agricole vicine a Gaza dove Hamas massacrò 374 persone il 7 ottobre 2023, hanno deciso di lasciare Tel Aviv per tornare nel sud: 170 superstiti del kibbutz, alloggiati da alcuni mesi in due torri della più grande città d’Israele, hanno lasciato ieri i grattacieli di vetro e cemento per tornare al loro kibbutz spinti dalla paura dei missili balistici iraniani, nella convinzione che la loro comune agricola sia più sicura delle abitazioni moderne esposte alla devastazione provocata dai proiettili iraniani lanciati soprattutto contro il centro di Israele.

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