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Gas, scontro Parigi-Berlino: così il Cremlino fa saltare l'Europa

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Sandro Iacometti
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Ti pareva. I ministri delle finanze dell'Unione riuniti nell'Eurogruppo hanno avuto la faccia tosta di firmare un documento in cui si sottolinea la necessità di «coordinare» le misure anti-crisi «per preservare la parità di condizione e l'integrità del mercato unico». Anche il responsabile delle finanze tedesco, quello che la scorsa settimana ha tirato fuori dal cilindro ben 200 miliardi, una specie di Recovery, per farsi il tetto del gas solo in Germania, ha apposto senza fare una piega il suo autografo. Crisi rientrata, pace fatta? Macché. La guerra del gas e l'indebolimento dell'alleanza social-popolare che ha finora dettato legge nel Vecchio Continente (andata in tilt anche per la vittoria di Giorgia Meloni, presidente di Fdi e dei Conservatori europei) stanno mandando la Ue in mille pezzi.

A tracciare il solco più profondo ci ha pensato Bruno Le Maire prima di entrare nell'Eurogruppo. Ricordate l'assedi ferro Parigi-Berlino, il patto di Aquisgrana tra Macron e Merkel del 2019 o il più recente accordo sull'energia siglato solo qualche mese fa? Ebbene, questa è la risposta del ministro francese a chi gli chiedeva un commento sul piano anti-rincari della Germania: «È essenziale che preserviamo le condizioni di equa concorrenza. Bisogna agire secondo un principio di solidarietà e coordinamento», oppure si corre il rischio di una «frammentazione» dell'Unione. Dove per frammentazione s' intende che se ognuno fa di testa sua l'Ue va a gambe all'aria. Ma la lista delle doglianze di Le Maire va al di là dell'ultima bravata del socialdemocratico Olaf Scholz, che qualche giorno prima delle elezioni aveva provato a tirare la volata ad Enrico Letta lasciando trapelare il suo fastidio per il probabile successo di una formazione post-fascista.

VELOCITÀ
«Di fronte alla crisi energetica», ha spiegato Le Maire, che ha anche proposto senza mezzi termini un Recovery bis per fronteggiare l'emergenza (come aveva fatto a suo tempo, inascoltato, Mario Draghi), «abbiamo bisogno di una strategia economica globale tra i Paesi membri della zona euro e tra i Paesi europei. Dobbiamo essere più determinati, più uniti e più veloci nelle nostre risposte». Ed eccola la velocità della Ue: il tetto al prezzo del gas non sarà sul tavolo neanche del prossimo vertice informale. O meglio, ci sarà nella solita forma evanescente e inconcludente che circola da mesi, ovvero quella di un invito a Bruxelles ad elaborare delle ipotesi in merito. Date le divisioni dei governi, è la versione fatta filtrare all'esterno, i massimi leader che si riuniranno giovedì e venerdì a Praga si limiteranno a dare il mandato alla Commissione di presentare una proposta per ridurre i prezzi del gas. Che è più o meno la stessa conclusione del Consiglio europeo dello scorso giugno. Tra gli annunci di Ursula von der Leyen sull'accordo già in tasca (quelli più perentori risalgono a più di un mese fa) e i continui rimpalli tra i numerosi vertici, zeppi di bozze e di non paper (straordinaria invenzione dell'Europa per sprecare un po' di carta) bisogna ammettere che nessuno ci ha capito niente.

CREPE
L'unica cosa che si vede con chiarezza sono le crepe sempre più ampie nel grande disegno dell'Unione europea. Che non è stato messo in crisi dall'avanzata dei terribili sovranisti, ma dall'incapacità dei suoi principali sostenitori di tenerlo in vita. A partire proprio dalla Germania, che, affiancata dai cosiddetti frugali, Olanda in testa, continua a tenere in ostaggio un Continente senza che nessuno abbia il coraggio di alzare un dito. Certo, ieri Le Maire ha fatto la voce grossa. Ma in buona sostanza ha ripetuto, seppure con una mira più precisa, come del resto ha fatto Draghi, concetti già espressi anche dalla presidente Ursula von der Leyen. Arrivati al dunque, però, malgrado l'Agenzia internazionale dell'energia abbia detto ieri che l'Europa quest' inverno se la passerà male, l'accordo sul gas non si fa e i colpevoli continuano a farla franca. Il ministro tedesco delle Finanze Christian Lindner ha potuto spiegare senza imbarazzo che la somma stanziata è «proporzionata» se si considerano le dimensioni della Germania e il fatto che è spalmata fino al 2024.

Mentre il commissario Paolo Gentiloni in una lettera ad alcuni giornali Ue se l'è presa con Berlino, ma in conferenza stampa ha tenuto a sottolineare che questo «non è il momento di incolpare questo o quello sforzo da parte dei singoli Stati membri». La von der Leyen, invece, ha pensato bene di sintetizzare il suo colloquio con il premier della Norvegia, Paese Nato che ci sta svuotando le tasche vendendoci il metano a prezzi stratosferici, con questo tweet: «Energia a prezzi accessibili e forniture energetiche sicure sono il nostro interesse comune». Ecco, di fronte a questo non si può escludere che a rifondare l'Europa e a ridargli un'anima, saranno quelli accusati di volerla distruggere. Perché chi l'ha guidata finora si ostina a voler difendere qualcosa che, a quanto pare, non esiste più.

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