Le malefatte dei Casamonica non scandalizzano i paladini dei Rom
Nell'affollato coro di voci indignate che da qualche giorno si levano per esprimere riprovazione nei confronti dello spettacolo, assieme grottesco e desolante, rappresentato dai funerali di Vittorio Casamonica, ce n'è una che spicca per la sua assenza. Eppure è una voce che, molto più di altre, avrebbe dovuto farsi sentire. È quella di una onlus che si chiama “21 luglio” (l'origine del nome non è chiara, il sito si limita a dire che «il 21 luglio di alcuni anni fa una bambina ha subito abusi e maltrattamenti da quelle istituzioni che avrebbero dovuto difenderla e tutelarla») e la cui missione consiste nel promuovere e difendere i diritti umani di rom e sinti in Italia. La “21 luglio”, alla quale, volendo, si può destinare il proprio cinque per mille, è giustamente molto attenta nel denunciare le occasioni in cui, a parere di chi la coordina, la reputazione di rom e sinti viene sporcata senza motivo, soprattutto da parte dei mezzi d'informazione. Basta dare un'occhiata al già menzionato sito dell'associazione - la quale ha sede a Roma, dove si è costituita nel 2010 - per rendersene conto. Attualmente, nella home-page, si possono leggere interventi con titoli come “Discorsi d'odio contro i rom: quasi un caso al giorno” (articolo datato 27 luglio 2015) e “Se i giornalisti incitano all'odio contro i rom” (articolo del 23 luglio). Non mancano poi, com'è ovvio, gli attacchi alla Lega e in particolare a Matteo Salvini, a cui lo scorso 30 luglio è stato dedicato un allarmato editoriale nelle cui righe, fra l'altro, si denuncia la determinazione del segretario leghista a «sminuire l'importanza e la pericolosità sociale dell'antiziganismo». Tutto sacrosanto. Così come il realizzare video, attività nella quale la “21 luglio” molto si spende, in cui raccontare le storie personali di alcuni rom e sinti per mostrare le difficoltà che, a livello sociale, deve affrontare chi appartiene alle due etnie. L'ultimo aggiornamento del sito, ad ogni modo, risale al 3 agosto e consiste nella promozione di una campagna che persegue - in accordo, curiosamente, con quanto predicato da Salvini - il superamento dei campi rom («emblema del malaffare che ruota attorno ai rom nella Capitale e della politica segregante attuata nei confronti di tali comunità») attraverso percorsi di inclusione. Dopodiché il silenzio. Su un fatto di enorme rilevanza, addirittura internazionale, come i funerali di Vittorio Casamonica, patriarca di una famiglia sinti di origini abruzzesi che da decenni, a Roma, è sinonimo di malaffare a tutti i livelli, non una parola. Eppure, visto che fino a oggi si è sempre limitata a richiedere (del tutto legittimamente, lo ribadiamo) più sostegni economici e più diritti, senza mai dare spazio al minimo accenno di autocritica, quale occasione migliore di questa, per la “21 luglio”, per prendere nettamente e pubblicamente le distanze dalla mentalità e dai costumi schiettamente mafiosi di una delle più importanti e rappresentative comunità sinti d'Italia? Non sarebbe stato opportuno e intelligente un comunicato, che peraltro avrebbe senz'altro ricevuto grandi attenzioni mediatiche, in cui sottolineare come (a proposito di reputazioni sporcate) nulla e nessuno getti discredito sui sinti italiani quanto l'operato e le condotte del clan dei Casamonica? Non era lecito attendersi, da un'associazione che si batte per il riscatto di rom e sinti, una condanna ferma e inequivocabile di quanto giovedì scorso è andato in scena (è davvero il caso di dirlo, tra la musica del “Padrino”, la carrozza funebre di Totò e l'effigie del caro estinto abbigliato come un pontefice di Santa Romana Chiesa) presso la parrocchia romana di San Giovanni Bosco? Se diffidenze esistono nei confronti di rom e sinti (del tutto a prescindere dalla loro nazionalità, come comprova l'italianità dei Casamonica), sarebbe forse il caso di iniziare a chiedersi, da parte di chi sostiene la causa di queste etnie, se esse non siano almeno in parte giustificate. Questo continuo fare appello ai diritti senza mai parlare di doveri (tra cui figura quello, civico, di condannare e ostacolare in ogni modo chi, tanto più se a noi vicino, fa del malaffare e del disprezzo del prossimo la propria regola di vita) autorizza il sospetto che tra i paladini di rom e sinti e consolidate realtà criminali come quella dei Casamonica non vi sia la radicale lontananza che ci si aspetterebbe. Ed è un sospetto molto brutto che rom e sinti sono i primi ad avere interesse a fugare. di Giuseppe Pollicelli