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Al ristorante con la mia BibiOra l'italia è più civile

Festeggiamo: via libera ai cani nei locali pubblici. E vedrete che sanno essere più educati degli umani

Matteo Legnani
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C'è voluta la Seconda guerra mondiale perché da alcuni locali pubblici tedeschi e dai treni della metropolitana parigina (eccettuato l'ultimo) durante il governo di Vichy fossero tolti i cartelli con il «vietato agli ebrei». C'è voluta la crescita economica e civile dell'Italia dei Sessanta perché da molti locali pubblici di Torino sparissero i cartelli con il «vietato ai meridionali». Ci sono voluti dieci anni di ritardo dal resto dell'Europa perché nell'Italia dei nostri giorni gli esseri viventi a quattro zampe - i cani e le cagne che sette milioni di italiani custodiscono e amano allo spasimo - fossero finalmente ammessi in tutti i bar e luoghi di ristoro del Paese. Lo dice adesso il Ministero della Salute, che loro possono entrare ovunque. Beninteso, tenuti dal padrone al guinzaglio e muniti di museruola. E ci mancherebbe. Divieti avvilenti - Figuriamoci se sono così cretino da paragonare l'impedimento opposto sino all'altro ieri ai nostri cani alla tragedia dell'antisemitismo europeo degli anni Trenta o all'antimeridionalismo cialtrone dell'Italia dei Sessanta. Epperò mettetevi per un attimo nei nostri panni di gente che adora il proprio cane e se ne fa completamente responsabile. Ovvio che io mi faccio responsabile di ogni gesto e di ogni atteggiamento della mia setterina inglese Bibi, ovvio che stando ai miei criteri uno che porta a passeggio il proprio cane sprovvisto delle bustarelle con cui raccogliere ogni volta la sua popò lo potrebbero anche arrestare. Subito. Detto questo, arrivare alla porta di entrata di un bar o di un ristorante o di un luogo di ristoro sull'autostrada e sentirsi dire «Il suo cane non può entrare!» è avvilente e offensivo. Mi è capitato ancora pochi giorni fa, a Macerata. Mi avevano invitato a fare una chiacchiera pubblica e alla fine della serata i miei ospiti erano stati così cortesi da volermi ospitare a cena in un ristorante del centro. Per tutta la durata della chiacchiera Bibi era stata appollaiata in grembo alla mia compagna senza mai dire ai né bai. Non è che abbia grandi interessi culturali, non sono sicuro che lei condivida i miei pensieri su questo o su quello: quel che è certo è che lei se ne sta buonissima nell'attesa che la chiacchiera finisca. Esattamente quello che fa nei tanti ristoranti in cui ce la portiamo appresso. Qualche sguardo disperato ai commensali a indurli a credere che lei non mangia da alcuni mesi, i suoi occhi che diventano immensi e supplicanti. Mai più di questo, mai, e del resto se lo facesse verrebbe annichilita dai rimproveri di un padrone (io) che la adora ma che è pienamente responsabile del suo retto comportamento. Ebbene innanzi alla porta del ristorante maceratese il veto è stato quanto di più categorico. «Il cane non può entrare». Ma guardi che è un cane buonissimo, ho provato a bisbigliare. Niente, il veto era totale e indiscutibile. E siccome sono un bonaccione e rarissimamente esprimo il disprezzo di cui sono capace, ho fatto retromarcia e sono uscito. Niente Bibi, niente cena, niente ristorante. Ho ringraziato gli amici maceratesi e sono rientrato in albergo. Bibi teneva la testa bassa ma non credo abbia capito fino in fondo, per lei è inconcepibile che ci sia qualcuno al mondo che non straveda per lei e non la sommerga di coccole.  D'ora in poi non dovrebbe succedere più. L'alt a un cane alla porta di un bar o di un ristorante. Ovvio che c'è chi non ama i cani così come non ama i neri o le ragazze in minigonna o i ragazzoni con i jeans bucati. La loro privacy (e i loro pregiudizi) va rispettata ma non più che questo. No. A due o a quattro zampe siamo in tanti al mondo e c'è posto per tutti. I cani non sono peggio, anzi sono meglio del 75 per cento degli esseri umani. Vale la battuta di quell'albergatore cui un suo cliente aveva chiesto se potesse entrare in albergo con il suo cane. Ma certo che sì, rispose l'albergatore, aggiungendo che mai gli era capitato che un cane si fosse portato via l'asciugamani del bagno o gli avesse firmato un assegno scoperto. E dunque benvenuto ai cani. È vero che leggete talvolta di un cane di quella o quell'altra razza che addenta un bambino, ma che cosa non leggete ogni giorno di esseri umani che assassinano o sventrano altri esseri umani? Ogni giorno lo leggete, e ogni volta vi chiedete come sia potuto accadere. In vacanza - Per tornare ai cani, era ai miei occhi insopportabile la retorica che metteva assieme la sonante raccomandazione del «Non abbandonate i cani!» e la miserevole realtà di un'Italia sulle cui spiagge o nei cui alberghi i cani sono inaccettabili. Quando io organizzo la mia (breve) vacanza estiva il mio primo comandamento è recarsi in un luogo dove Bibi possa venire anche lei e starsene comoda. Talvolta mi dicevano di sì perché sono conosciuto e riconosciuto. Alla fine del soggiorno (in un albergo o in un ristorante) mi supplicavano di riportare Bibi al più presto da quanto era stata deliziosa. Lei che ascoltava, regale e vanitosissima. D'ora in poi è legge. di Giampiero Mughini

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