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Immigrazione, pure le suore di clausura sono stufe: "Sessantottine", un rovinoso scontro tra consorelle

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Caterina Spinelli
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E dire che tutto è partito da Avvenire. Il 13 luglio il quotidiano dei vescovi ha offerto «con gioia e ammirazione» ai propri lettori, come predica anti-salviniana del giorno, la lettera aperta firmata da un gruppo di suore clarisse e carmelitane e indirizzata a Sergio Mattarella e Giuseppe Conte. Le monache esprimevano «preoccupazione per il diffondersi in Italia di sentimenti di intolleranza, rifiuto e violenta discriminazione nei confronti dei migranti» e chiedevano di impegnarsi per quelli che, arrivati qui, «si vedono rifiutare ciò che è diritto di ogni uomo e ogni donna sulla terra: pace e dignità». La linea di Bergoglio e della Cei, insomma. Alla quale non sono mancate adesioni, anche perché, di questi tempi, niente è più facile che stare dalla parte del pontefice. Eppure c' è chi dice no, persino tra le suore. Bisogna leggere il blog di Aldo Maria Valli, uno dei pochi vaticanisti non allineati, per capire cosa sta succedendo davvero in certi conventi. Quell' appello non rappresenta affatto tutte le monache, e il sito di Valli è diventato il punto di riferimento delle tante che non lo condividono. BUONISMO IGNORANTE Per prima è uscita allo scoperto l' eremita diocesana Giovanna di Maria Madre della Divina Grazia. Secondo la tostissima suorina il testo delle consorelle «è oltremodo penoso e dimostra come il fumo di Satana sia penetrato anche dietro le grate (per chi le ha ancora) dei monasteri di clausura». Probabilmente, chiosa, «le monache che hanno partorito questa iniziativa non conoscono gli inviti che i vescovi africani continuano a fare ai migranti perché restino nei loro Paesi e non si facciano adescare da promesse di una vita facile e benestante, che non esiste». E siccome quelle suore preferiscono rifugiarsi «in un buonismo tanto triste quanto ignorante», non sanno nulla nemmeno «del traffico di esseri umani, che è una tragedia che grida vendetta al cospetto di Dio, e che vede le varie Ong in primo piano come becchini ben remunerati». È stato solo l' inizio. Dopo di lei ha polemizzato con le firmatarie dell' appello una monaca di clausura, «guerriera di Cristo Re», a nome di un gruppo di religiose: «Anche se la decisione di aprire i vostri monasteri ai migranti fosse giusta, e secondo me non lo è, perché fare in modo che tutti lo sappiano, contraddicendo uno stile di vita che ci caratterizza da sempre? Forse la clausura dei vostri monasteri è stata invasa dai mezzi di comunicazione, che vi hanno fatto perdere il contatto con la realtà?». PRIMA GLI ITALIANI A quel punto si sono rotti gli argini. Una carmelitana scalza ha rimproverato alle «care sorelle» di ignorare che l' immigrazione «è un fenomeno gestito dalle organizzazioni mondialiste per scristianizzare l' Italia e l' Europa». Quindi le ha invitate a esercitare la loro carità iniziando «dagli italiani poveri (e Dio sa se ve ne sono!), che sono magari persino cattolici praticanti». Una claustrale le ha accusate di «vestire i panni di sessantottine femministe che all' epoca furono contagiate dal virus dell' ideologia e si sentivano realizzate solo se urlavano la loro opinione nelle assemblee». Un' altra ha fatto notare alle consorelle «come, da persone consacrate, non siete capaci di difendervi da chi vi impone le sue idee». Nulla di cui stupirsi. Aiutarli "a casa loro", nelle missioni sparse in Africa e nel resto del Terzo mondo, portando la parola di Cristo assieme agli aiuti materiali, appartiene alla migliore tradizione della Chiesa. È durata sin quando i capitani delle imbarcazioni Ong sono stati proclamati santi e il «proselitismo» dei missionari è stato condannato da papa Bergoglio. di Fausto Carioti

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