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Vaticano, indiscrezioni clamorose: turpiloquio e gaffe in pubblico, il Pontefice che sbotta

Caterina Maniaci
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È possibile immaginare un Papa che sbotta usando "parolacce" di vario genere, mutuate da dialetti e modi di dire popolareschi, e si esprime a tratti «come un carrettiere»? Sì, non solo è possibile immaginarlo, ma è esistito storicamente. Si tratta di Benedetto XIV, un grande Pontefice, regnante nella seconda metà del Settecento, al secolo Prospero Lorenzo Lambertini, di origini bolognesi. Sembra appunto che si esprimesse spesso con una certa libertà e le sue - presunte - gaffes in occasioni pubbliche o solenni facessero inorridire la Curia romana e invece divertire molto i fedeli. Si era accordato con monsignor Teodoro Boccapaduli, che poi fu nominato Maestro di Camera, affinché gli tirasse la manica ogni volta che avesse pronunciato una parola fuori posto. Però, all'ennesima strattonata del suo assistente, un giorno Benedetto XIV non resistette e sbottò a voce alta: «Hai rotto, Boccapaduli!». Il povero prelato, tra le altre cose, non essendo particolarmente attraente, dovette sorbirsi dallo stesso Pontefice l'appellativo di «mostro di Camera», storpiatura evidente della sua qualifica ufficiale.

 

 

 

Siamo ormai abituati alla presenza di pontefici poco legati alle formalità e dal linguaggio semplice e disinvolto, ma una sia pur rapida carrellata lungo la millenaria storia della Chiesa dimostra che, tutto sommato, l'attitudine allo scherzo, alla battuta, all'epiteto spiritoso non è solo appannaggio della contemporaneità o comunque legato al più recente passato. Lo documenta un agile saggio appena pubblicato dalla casa editrice Fede & Cultura, scritto da Gilles Jeanguenin, dal titolo esplicativo "Scherzi da papa. Aneddoti e curiosità sotto la cupola di San Pietro", (pp.128, euro 14). Ed ecco sfilare sotto gli occhi del lettore una galleria di fatti, personaggi e detti memorabili, senza dimenticare l'amore e la passione per gli animali: dall'elefante regalato a Leone X e divenuto abitante molto amato dei giardini vaticani, soprattutto quando spruzzava d'acqua con la proboscide i curiosi che lo circondavano e di cui Raffaello ci ha lasciato anche un ritratto, al canarino di Pio XII, che amava ascoltare il suo canto nei momenti liberi, gli agnellini portati in occasione della Pasqua con tanti pontefici si lasciavano andare a gesti di tenerezza... E poi le parolacce di Benedetto XIV, Innocenzo IX che governò la Chiesa dal suo letto, Pio IX che giocava a nascondino nei giardini vaticani con i figli dei dipendenti: la cupola di San Pietro custodisce arcani e segreti, ma anche molte chiacchiere e facezie. Il saggio in questione raccoglie cronologicamente una serie di aneddoti storici che hanno fatto spettegolare, sorridere o "scandalizzare" i salotti dei sacri palazzi e non solo.

 

 

 

D'altra parte, anche i papi sono uomini e, sulla Cattedra di Pietro, si sono alternati pontefici santi e altri dalla vita tormentata, come è stato minuziosamente documentato e raccontato. Quello che forse non è stato messo in risalto molto frequentemente è il senso dell'umorismo e della voglia di vedere il lato più buffo e curioso della vita di cui erano provvisti molti dei vicari di Cristo sulla terra. Sfogliando il saggio di Jeanguenin appare nitida, tra le altre, la figura di Pio X, dotato di un proverbiale senso dell'umorismo. Viene riportato il celebre scambio di battute tra il pontefice e un monsignore, il quale chiede proprio a lui di definire chi sia un papa. E Pio X risponde con un sorriso: «Un papa è un cardinale che ha smesso di desiderare la morte di un papa». Passato qualche anno, nel 1926 papa Pio XI riceve un gruppo di frati francescani tedeschi che si dovranno occupare della cucina della Santa Sede. E afferma, con un misto di severità e di ironia: «Vi raccomando la precisione tedesca, vi raccomando il silenzio tedesco, ma non la cucina tedesca!». L'autore chiosa che probabilmente papa Ratzinger non sarebbe stato d'accordo con quest' ultima raccomandazione... Ci vengono descritte anche delle liti condominiali in Vaticano, tra cardinali e monsignori, con tanto di insulti in romanesco. A Castel Gandolfo i papi passeggiavano con libertà tra le vie del paese. Si racconta che Pio IX entrasse spesso nelle case dei paesani, nelle cucine a sollevare i coperti delle pentole per vedere se c'era abbastanza cibo da cucinare. Nei giardini vaticani oltre a passeggiate e meditazioni, animali esotici o domestici di varie dimensioni, ci si poteva imbattere in papa Giovanni XXIII che voleva imparare ad andare in bicicletta grazie nientedimeno che a Gino Bartali. Del resto, come viene sottolineato nel saggio, diversi papi sono stati anche dei grandi sportivi. Si ricordano sempre le "prodezze" del grande Karol Wojtyla, pontefice e santo. Ma anche il futuro Pio IX aveva giocato alla pallacorda; Pio XI fece la scalata del Monte Rosa, il giovane Pacelli, che diventerà Pio XII, praticava l'equitazione e il nuoto e Jorge Bergoglio, oltre ad essere un tifoso di calcio, ha giocato a basket. E a proposito di papa Francesco, ecco che conversazione avviene il 6 ottobre 2016, quando riceve in udienza privata l'arcivescovo di Canterbury Justin Welby. Nella biblioteca del Palazzo Apostolico, ad un certo momento, scoppiano risate sonore. Tutti i presenti si chiedono cosa possa aver scatenato tanta ilarità. Il primate anglicano chiede a Francesco se conosce la differenza tra un liturgista e un terrorista. Alla risposta negativa del pontefice Welby ribatte: «Con il terrorista si può negoziare». Come lo definisce l'autore, un esempio di autentico umorismo ecumenico. 

 

 

 

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