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Papa Francesco e Fatima, perché il Corriere della Sera lo ha "sbianchettato"

Renato Farina
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Per l'opinione pubblica più azzimata e á la page, non solo d'Italia ma del pianeta, è come se non fosse accaduto nulla l'altro ieri in San Pietro e in tutte le chiese cattoliche del mondo. Eppure il Papa venerdì pomeriggio ha investito il suo cuore, la sua testa, la sua autorevolezza morale, la forza organizzativa dei suoi apparati in Vaticano e nei cinque continenti, dovunque esista un prete o anche soltanto un povero battezzato analfabeta, in un gesto «assoluto», quello che più esprime il possesso che Dio gli ha affidato delle chiavi di Pietro. Ha visto la famiglia dei popoli sprofondare nell'abisso e si è posto frammezzo. Travolga me la cattiveria, ma tu Madre di tutti noi, dona luce, ferma la tempesta che travolge gli inermi. Anche per un osservatore non cattolico e non credente sono state, quelle trascorse a tu per tu con una presenza misteriosa e amata, le due ore più drammatiche da quando siede sulla cattedra di Vicario di Cristo. Qualcosa da raccontare con timore e tremore. Invece niente. Perché? Bavaglio, sbianchettamento, banalizzazione.

 

 

 



LA SUPPLICA A MARIA - E dire che in fondo è stato anche l'evento più politico, proprio perché totalmente religioso, e dunque capace di suscitare imprevedibili iniziative di pace, si chiama potenza dello Spirito, che è invisibile e soffia dove vuole. Forse conta persino più di una telefonata di Macron, che ne fa mille, tutte senza sugo, ma raccontate come se fosse appeso al suo filo il destino delle genti. Forse il giornale unico collettivo, almeno quello dominante, non gradisce si corra in fretta verso la fine delle ostilità ascoltando la strada della diplomazia costi quel che costi promossa dal Papa? Ha messo «tutto a disposizione», anzitutto sé stesso, offrendo il luogo per la trattativa, in Vaticano o in qualunque nunziatura, lui presente oppure no. Tutto per fermare la guerra tra due popoli cristiani che lui profetizza, sa, teme, non vuole credere porti ad un conflitto nucleare. Ha scritto due pagine di supplica alla Vergine, le ha fatte tradurre in 35 lingue, facendole giungere a ogni vescovo dell'Orbe. Ha scelto la strada strana di Gesù. La moneta di Cesare porta alla morte. È il tempo di usare un'altra moneta. Non è stato capito, e perciò è stato censurato? Oppure è stato cancellato, trasferito tra le notizie da «periferia esistenziale», proprio perché è stato compreso fin troppo bene? Da molto vicino a papa Francesco mi è stato risposto: «La seconda che hai detto». Stupore e delusione restano. Ma era prevedibile. Infine il Pontefice argentino ha constatato che quando abbandona il linguaggio politicamente corretto e usa le parole della «follia» cristiana, allora gli si applica quella che lui stesso ha definito «la cultura dello scarto». E questo proprio soprattutto in Italia, e nella sua Roma, dove tutti i detentori delle reti di comunicazione gli rendono omaggio e amplificano atti e parole: ma stavolta no. Silenzio quasi universale. La consacrazione dell'umanità intera, e in special modo di Russia e Ucraina, al Cuore Immacolato di Maria, perché «cessi la guerra efferata» e sia allontanata la minaccia di un'ecatombe nucleare, è stata trattata come fosse una folcloristica danza intorno a un totem goffamente femminile, come si faceva nelle società arretrate contro la siccità, una roba vintage.

 

 

 




LO SGARBO DEL CORRIERE - Breve elenco: il Corriere della Sera non dedica all'evento non dico un pezzettino di prima pagina ma neppure un articolo di cronaca. Quasi sia stato il rito di un parroco démodé, buono per i bollettini parrocchiali. Anzi, il quotidiano di via Solferino fa un incredibile sgarbo al Papa. Pur di sigillare l'interpretazione di un Vaticano belligerante contro Putin, fornita nei giorni scorsi da un «retroscena» di Massimo Franco che favoleggiava di un cambio di atteggiamento di Bergoglio, che finalmente si sarebbe convinto della necessità di armare la resistenza, dopo un presunto periodo filo-putiniano; ieri il Corriere ha insistito facendo indossare la mimetica al Vaticano. Davanti al grido muto di Francesco in San Pietro non si limita alla censura, ma gli contrappone di fatto il cardinale Pietro Parolin. Il quale ha avuto il merito qualche giorno fa di rivendicare il diritto del popolo ucraino alla legittima difesa. Lo dice il catechismo. E c'è una parte degli apparati ecclesiastici che preferisce sottolineare questi aspetti piuttosto che l'«addio alle armi» di Bergoglio. Aldo Cazzullo - ovviamente ignaro dell'uso politico del suo articolo - scrive con sacrosanta passione della resistenza indomita ed esemplare di Kiev e la esalta insieme alla figura del segretario di Stato di Sua Santità. Perfetto. Equilibrato. Ma la direzione non dà spazio, lo ripeto perché non riesco a crederci, nemmeno di sguincio, con un titolo, un commentino, alla richiesta di pace alla maniera del Papa. Non è mainstream ma siccome è pur sempre il Sommo Pontefice, non si può polemizzare, meglio nascondere. Vale anche- questo deporre il Papa nel sottoscala come una vecchia scopa - per il Tg1. La Stampa, il Qn (Resto del Carlino,Nazione, Giorno), Sole 24 Ore, persino il Messaggero (incredibilmente per il quotidiano romano) non si sognano di richiamare sulle loro prime pagine il monito-supplica del Papa al Cielo ma anche ai potenti di questa terra.

 

 

 


«INUTILE STRAGE» - E dire che era impossibile equivocare sulla volontà di Bergoglio. Nessun sostegno all'invasione e alla «guerra efferata» scatenata da Putin. Con chiarezza venerdì il Papa ha indicato che la vittima è il popolo ucraino. Però ha mostrato una delusione palpabile nei confronti delle strategie messe in atto da tutti i responsabili delle nazioni, colpevoli di vedere solo nella deterrenza con il coltello tra i denti il modo di fermare la corsa alla distruzione del mondo intero. Si può e si deve discutere se sia utopistica la via francescana sine glossa proposta dal Pontefice. Ma almeno va preso sul serio. Anche quando giudica «follia» l'incremento degli investimenti militari decisi in Italia. Eppure tutti i Papi è da almeno un secolo che ripetono inascoltati le medesime parole sull'«inutile strage» e domandano di far tacere i cannoni perché le guerre non risolvono ma aggravano irreparabilmente i guai dell'umanità. Per questo il Pontefice non nomina né tantomeno insulta Putin - il quale ha rifiutato la mediazione di Francesco, che correrebbe da lui anche domattina- vuole tenere aperto comunque uno spiraglio. Ed è deluso dai capi delle potenze occidentali che non sanno o non vogliono trovare quella crepa nel muro ideologico di Putin che lo faccia sedere a un tavolo di pace.

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