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Stop ai cellulari a scuola? Un aiuto anche per noi genitori disperati

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Francesco Specchia
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I miei figli - undici e sette anni - non hanno uno smartphone di proprietà. E, anche se l'avessero, non potrebbero usarlo per chattare in classe, perché avrebbero le falangine spezzate. Spezzate da me. Niente cellulare, please. È una questione di principio, per evitare ciò che gli studi medici chiamano «progressivo deficit della capacità dialettica e carenza d'attenzione». Il telefono in classe tende più alla lobotomizzazione che alla socializzazione, lo dice qualche una ricerca della VII commissione del Senato, e sicuramente qualche università del Wisconsin. Al limite, alla soglia dell'adolescenza, io potrei concedere ai miei eredi uno di quei tristi muletti Nokia privi di connessione e fatti solo di tastiera gigante con i numeroni per presbiti. Figuriamoci, dunque se non apprezzo il ministro Valditara. Il quale, nella sua circolare, ufficialmente ribadisce il divieto di utilizzo dei telefoni cellulari «mentre si fa lezione»; salvo «su autorizzazione del docente, e in conformità con i regolamenti di istituto» ma solo «per finalità didattiche».

Il ministro dell'Istruzione, beninteso, non impone alcun obbligo, ma consegna al senso di responsabilità di studenti e docenti una semplice raccomandazione. Dopo sta alle scuole vigilare. Così facendo, Valditara stronca ogni minimo accenno dall'opposizione di critica al «divieto di usare le tecnologie"» (non vi è alcun divieto); e non si assume una responsabilità diretta riguardo i comportamenti dei singoli alunni, nel nome dell'autonomia degli istituti. Poi, qualcuno fa notare che, sul tema, esiste già la circolare n.30/2007 dove «l'uso del cellulare e di altri dispositivi rappresenta elemento di distrazione sia per chi lo usa che per i compagni, oltre che una grave mancanza di rispetto per il docente»; configurando «per chi lo usa in classe un'infrazione disciplinare sanzionabile». E Valditara, che è giurista, ha ricordato che il suo predecessore Giuseppe Fioroni non solo si trovava d'accordo con queste linee-guida; ma era pure molto più severo nell'autorizzare le sanzioni.

Ora, al netto delle preservazione della scuola come luogo dove «talenti e creatività dei giovani non vengono mortificati con un abuso reiterato dei telefonini» dice il ministro; be', saltano all'occhio due elementi. Il primo: nessuno, compresi gli oppositori all'esecutivo, qui è riuscito a non essere d'accordo con l'uscita del ministro (quale l'idiota favorirebbe l'uso selvaggio delle chat durante la lezione? Certo non gli eredi di Gramsci). Il che ha provocato un cortocircuito nei detrattori che, rispetto ad una regolamentazione non invasiva (e non "fascista") dell'uso scolastico dei device, si trovano di fronte al disinnesco d'ogni critica. Il secondo elemento è quasi marketing strategico. La condanna di tutti i genitori all'uso indiscriminato del cellulare da parte dei figli anestetizza gli effetti di precedenti dichiarazioni del ministro, tipo quella sull'«umiliazione» necessaria dei ragazzi. Se, in questo caso, l'insegnante strappasse ai miei figli il telefonino mentre disturbale lezioni e gli desse fuoco; bè, lì, non sarebbe umiliazione pubblica, ma rogo purificatore... 

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