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Varenne, seme venduto sottobanco: "200mila euro", la truffa-scandalo

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Luca Puccini
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Una scuderia di figli illegittimi. Un campione, il più forte e leggendario di sempre. E poi un’inchiesta, della procura di Torino, che si trascina per cinque anni; un giro d’affari (sul quale i magistrati tengono gli occhi aperti) che vale almeno 200mila euro e soltanto per il 2018; un’imputazione, per truffa, e colpi di scena anche giuridici che non mancano. Una prima archiviazione, una seconda, il respingimento, i nuovi approfondimenti, la chiusura delle indagini. Ora è ufficiale.

Varenne. Quel cavallo elegantissimo, slanciato, insuperabile. Gli occhi scuri come il suo pelo, gli zoccoli indomabili. Ha vinto tutto, Varenne-il-Capitano. Ha vinto due Gran prix d’Amerique, il Gran premio nazionale tre Gran premi lotteria. Ha vinto e si è ritirato: nel 2002, da peso massimo dell’ippica e numero uno del trotto. Ventinove anni, appena quattro da vincente tra i vincenti, e non sentirli. Almeno per lui, che vale ancora oro quanto pesa. E pesa, soprattutto, oggi, il suo seme.

Funziona così, funziona allo stesso modo da sempre: i cavalli di razza, quelli con un palmares da sogno, quelli che persino farli accoppiare è un’operazione di portafoglio (tra parentesi: una monta di Varenne si aggira su per giù sui 12mila euro). Epperò, se ci metti qualche furbetto e un computo di figli che oramai è pure impossibile tenere, da tanti ce ne sono e vai a sapere dove, dal gioco (serissimo) alla giustizia (altrettanto grave) è un attimo.

È il2019, e qualcosa non torna. I rappresentanti della società Varenne Futurtity srl, un’azienda napoletana che è la reale proprietaria di Varenne, entrano in un ufficio al sesto piano del palazzo di giustizia di Torino. Ci sono diverse irregolarità nella gestione di questo cavallo, dicono al pm che li accoglie. Qui si tratta di appropriazione indebita. Vogliono vederci chiaro anche perché i premi che Varenne ha accumulato ammontano a sei milioni di euro, ha disputato 73 gare e ne ha vinte 62. E invece adesso, si lamentano dalla Varenne Futurity, c’è il sospetto che il suo seme sia venduto «senza il nostro permesso».

E così che finiscono imputati, per truffa aggravata, Valter Ferrero (che fa l’amministratore unico di una costi col nome analogo, la Varenne Forever) e Salvatore Roberto Brischetto (che è socio di maggioranza dell’allevamento Il Grifone di Vignone, nell’hinterland di Torino). A fare i loro nomi è il quotidiano piemontese La Stampa. A scoperchiare l’intricatissima vicenda la magistratura.

Un numero quasi sterminato di puledri, forse 2mila, forse di più. Alcuni nati in Italia, altri all’estero. Eredi, di sangue, a tutti gli effetti. Ma al contempo illegittimi, venuti al mondo per «cessioni fraudolente del seme del cavallo» nel senso che alla Varenne Futurity non ne sapevano niente.

C’è una filiera da rispettare, certo. Ci sono i documenti (come le “breeding cards”), i moduli, le attestazioni. E ci sono i diritti, quelli per la monta, che in questo caso sono sei in capo alla Varenne Forever «ma sulle fatture e sui contratti hanno ceduto il seme e non il diritto di monta, hanno fatto contratti di cessione del seme di Varenne che non è di loro proprietà», spiega Oreste Trudi, l’avvocato di Enzo Giordano, il proprietario effettivo del cavallo che, proprio per evitare guai, era sorvegliato giorno e notte.

Il passo successivo, quello che dei prossimi mesi, è contattare i proprietari dei puledri figli e ricostruire quanto successo, caso per caso. Ma è complesso: un po’ perché risalire all’albero genealogico di Varenne, con le sue 2mila ramificazioni, è uno sforzo non da poco, e un po’ perché la Varenne Forever, secondo gli inquirenti, potrebbe aver fornito informazioni false, con numeri identificativi della monta differenti oppure «omettendo di segnalare alcuni abbinamenti». «Non risulta alcun tipo di mistero sulle monte», ammonisce, tuttavia, il legale dell’allevamento Il Grifone (dopo lo scandalo Varenne è stato traferito a Pavia), Enrico Calabrese, «siamo assolutamente sereni. I miei assistiti hanno già reso un ampio interrogatorio in procura».

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