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Andrea Sempio, la scelta: addio Lovati, chi affianca Angela Taccia

di Claudia Osmettimercoledì 15 ottobre 2025
Andrea Sempio, la scelta: addio Lovati, chi affianca Angela Taccia

3' di lettura

Era nell’aria, ci ha pensato qualche giorno e, alla fine, Andrea Sempio ha deciso: l’avvocato Massimo Lovati non lo rappresenta più, è fuori, non fa più parte del suo collegio difensivo il quale, per ora (nel senso che dovrebbe essere affiancata da un nuovo professionista ma chi sia lo verremo a sapere solo tra qualche dì), si compone giusto della legale Angela Taccia. Fine di un’epoca, quella ultra-mediatica sul “caso Garlasco”. Lui, Lovati, per una volta non commenta: dopo mesi sotto i riflettori, dopo dichiarazioni spiazzanti rilasciate un po’ su tutto (dal «il mio assistito non c’entra niente, è un comunista disadattato» al i suoi famigliari sono «ignoranti come capre», salvo poi specificare che «offendere i miei clienti è una mia strategia difensiva» e passando infine per gli scivoloni a Falsissimo, la trasmissione YouTube di Fabrizio Corona), poche ore prima della sollevazione all’incarico si limita far sapere è che è intenzionato a tornare in Albania, in una clinica dentistica dove ha già subito un intervento. «Sono testimonial, ho un contratto, torno lì così mi mettono i denti».

Lovati dovrà fronteggiare una segnalazione del Consiglio distrettuale forense e, nel corso degli otto mesi in cui «ho lavorato su un caso complesso» (sottotesto, poi esplicitato: «Ho preso 10mila euro e avrei avuto diritto a molto di più, se avessi seguito il mio tariffario la cifra corretta sarebbe stata almeno 130mila euro»), s’è beccato pure una querela per diffamazione dallo studio Giarda, quello che ha seguito Alberto Stasi nei primi otto anni del processo. Con la sua uscita di scena non si archivia il clamore su Garlasco, questo è chiaro a chiunque abbia un minimo di senso della realtà: torna però al centro la vicenda che è una matassa ingarbugliata, è un gomitolo che sembra inestricabile, è un filone che ne trascina con sé altri dieci, ma è (prima di qualsiasi altra cosa) l’omicidio di Chiara Poggi, avvenuto quella maledetta mattina di agosto del 2007, in un villetta a due piani della provincia lombarda, per cui c’è un condannato in via definitiva che sta scontando sedici anni di carcere e c’è pure un ragazzo finito (di nuovo) nel registro degli indagati quasi due decenni dopo. La querelle Lovati-sì Lovati-no che ha tenuto banco nell’ultima settimana («Andrea sbaglierebbe a separarsi da me», «in ogni caso non ne farò una malattia») ormai importa fino a un certo punto. Importa di più (processualmente parlando) l’udienza che, nelle stesse ore in cui gli Sempio danno il benservito al loro (ex) avvocato, a Brescia riunisce il tribunale del riesame sul vecchio procuratore capo di Pavia che ha condotto la prima indagine su Garlasco. Mario Venditti è presente in aula, è lui che è accusato di aver archiviato l’inchiesta uno a carico di Sempio (quella del 2017) un po’ troppo in fretta e in cambio di denaro: attraverso i suoi legali chiede l’annullamento del sequestro dei dispositivi informatici che dal 26 settembre scorso la procura gli ha portato via. A mattinata inoltrata l’ex magistrato (che ora è in pensione e dirige il casinò di Campione d’Italia) esce dal palazzo di giustizia da una porta secondaria mentre in aula fa in tempo a chiarire di «avere la vita rovinata» e di non aver «mai preso un euro al di fuori dello stipendio».

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«Ci vuole senso di responsabilità prima di rovinare la vita delle persone», spiega ai cronisti l’avvocato di Venditti, Domenico Aiello: «Non c’è alcuna prova», in casi del genere «almeno il corruttore lo devi trovare», come «anche ora e luogo» in cui sarebbe avvenuta la corruzione. Aiello aggiunge che è pronto a depositare un secondo ricorso contro il sequestro dei dispositivi anche nell’indagine Clean 2, quella nata a Pavia e trasmessa a Brescia per competenza che vede il suo assistito indagato per corruzione e peculato. La pm bresciana Claudia Moregola, invece, fa intendere in aula di avere «sufficienti indizi per indagare» sulla posizione di Venditti con l’ipotesi (appunto) di corruzione in atti giudiziari e, in relazione al sequestro dei dispositivi, specifica si tratti «non di una misura cautelare ma solo di un’attività di perquisizione».