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Pensioni, l'idea di Giovannini: "Prestito dall'Inps per andare in pensione 2 o 3 anni prima"

Il ministro del Welfare: "La riforma Fornero non si tocca, l'ipotesi Damiano costa troppo. Pensioni d'oro? Meglio colpire quelle d'argento..."

Giulio Bucchi
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Chi è rimasto senza lavoro o lo lascia a 2 o 3 anni dal pensionamento potrebbe ottenere un "prestito" dall'Inps e andare in pensione in anticipo, ripagando poi la somma scalandola dagli assegni successivi. E' l'ipotesi allo studio del Ministero del Welfare e anticipata dallo stesso Enrico Giovannini in un'intervista al Sole 24 Ore: "Chi è a 2-3 anni dal pensionamento e lascia il lavoro potrebbe per tale periodo ricevere un sostegno economico, che poi dovrà ripagare negli anni successivi - spiega il ministro del Welfare -. Si tratterebbe di una sorta di prestito, senza costi aggiuntivi sul sistema pensionistico". Il punto è proprio questo: non ci sono abbastanza soldi per rivedere la riforma Fornero. Né c'è la volontà da parte dell'esecutivo di effettuare una contro-riforma: "E' stata un intervento molto rilevante e ha contribuito a mettere in sicurezza l'intera finanza pubblica italiana", è la difesa di Giovannini dell'operato del governo Monti. Per lo stesso motivo, pochi fondi, non sarebbe applicabile nemmeno l'ipotesi avanzata dall'ex ministro Cesare Damiano (Pd), che prevede una "flessibilizzazione" delle pensioni con un sistema di disincentivi (dal 2 all'8% in meno sugli assegni tra i 62 e i 66 anni) per chi vuole andare in pensione prima del tempo. Pensioni d'oro e d'argento - Ricapitolando, non si toccheranno le soglie di ingresso in pensione: vecchiaia a 66 anni per gli uomini e 62 per le donne, con parificazione graduale nel 2018; pensione anticipata, ex di anzianità, a 42 anni e 3 mesi dall'1 gennaio 2014 per gli uomini e a 41 anni e 3 mesi per le donne. I margini d'intervento, però, potrebbero essere sulle cosiddette "pensioni d'oro", anche se dal punto di vista legislativo intaccare diritti acquisiti (anche se sperequati, in virtù della generosità del sistema retributivo che verrà progressivamente abolito). Ma sono poche centinaia (solo 540 italiani percepiscono assegni oltre i 20mila euro) e colpire pochi fortunati non risolverebbe, da solo, i problemi delle casse dello Stato. Diverso il discorso sulle "pensioni d'argento", come le definisce Giovannini: "Il punto vero - frena però il ministro - è che non abbiamo una definizione di pensioni d'oro e di pensioni d'argento". Ad oggi, la stragrande maggioranza dei pensionati italiani (16,4 milioni, il 95,45% del totale) percepisce fino a 5.291 euro al mese di pensione. Di questi, 11,2 milioni non superano i 1.443 euro di assegno, mentre tra i 1.443 euro e i 2.405 euro sono compresi 3,8 milioni. La fascia di chi percepisce tra 5.291 euro a 10.101 euro al mese comprende 127mila unità. Quelli tra i 10mila e i 15mila euro, limite che potrebbe a buon diritto segnare l'inizio delle "pensioni d'argento", sono 7.000. Briciole o poco più, in un sistema che ogni giorno, tra esodati, ammortizzatori sociali e cassa integrazione in deroga, fa i conti con le casse vuote dello Stato. di Claudio Brigliadori

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