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Bruno Vespa, la commissione di vigilanza della Rai fa la guerra al giornalista per il libro "Bellissime!"

Bruno Vespa

Lucia Esposito
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Era il 1782 e Pierre Choderlos de Laclos ne Le relazioni pericolose scriveva: «Un semplice abitino di cotone mi lascia vedere la morbida rotondità dei fianchi, solo una leggera mussolina le copre il seno; e le mie occhiate furtive, ma penetranti, ne hanno già intuito la forma incantatrice». Nel 1856 Gustave Flaubert descriveva così l'incedere sensuale di Madame Bovary: «Si avvicinò, il seno le si sollevava ritmicamente». Sono due degli innumerevoli affreschi fatti di parole che gli scrittori dedicano da sempre al corpo femminile. Ma accade che nel 2020 Bruno Vespa pubblica il libro Bellissime! Le donne dei sogni italiani dagli anni Cinquanta ad oggi, e subito si scatena l'inquisizione grillina, gli si chiede conto di quelle parole come fossimo nel Medioevo, risucchiati da un moralismo bacchettone che rasenta il ridicolo. Anzi no, va ben oltre il ridicolo e precipita rovinosamente nel grottesco.  Nel libro Bruno Vespa decanta con rispetto e senza nessuna concessione alla pruderie, la bellezza, il carisma, il carattere di alcune meravigliose donne che hanno accompagnato il secondo Novecento e l'inizio del nuovo millennio del nostro Paese, nel suo mutare storia, usi, mode e modi di pensare. Da Sophia Loren a Monica Bellucci, da Gina Lollobrigida a Diletta Leotta, passando per Claudia Cardinale e la diva più «saponata» del cinema, Edwige Fenech. Un libro che fa sognare e anche pensare, un viaggio nel cinema del passato e nei social di oggi. Ma ecco che la lente censoria dei nuovi Torquemada si abbatte sulla descrizione di Belen. Leggete: «Incarnato gaucho. Occhi da cerbiatto, bocca che lievita, ma ancora domina. Seno perfettamente costruito. Sedere che fa storia ogni volta, cioè spesso, che lei posta una foto su Instagram». Confessatelo: siete tutti scandalizzati, sconvolti dalla scabrosità di queste parole, vorreste mandare al rogo il testo di Vespa anche perché Belen non ha gli occhi vellutati da cerbiatto, il vostro sguardo (di uomo o di donna, non importa) non è mai caduto su quel lato B epocale senza prima soffermarsi sul seno che è un inno all'abbondanza e anche alla gioia dei sensi. Il senatore grillino Primo Di Nicola, vicepresidente della Commissione vigilanza Rai, leggendo quelle parole è trasalito e, siccome il volume in questione è edito da RaiLibri, ha sentito il dovere morale di torchiare Roberto Nepote, direttore marketing di viale Mazzini, che era stato già convocato per parlare delle politiche di genere in tv. Secondo quanto scrive il sito La Notizia, Di Nicola gli ha domandato se anche sulle parole stampate nei libri pubblicati dalla casa editrice della televisione di Stato esercita lo stesso controllo a cui sottopone le immagini trasmesse via etere. 

 

 

 

Il manager è rimasto spiazzato da questa domanda e alla fine, scrive La Notizia, «è stato costretto ad ammettere che se si fosse trattato di una trasmissione televisiva, sarebbe finito senza dubbio nell'elenco delle criticità segnalate». Chi scrive, da donna, non si sente affatto offesa dalle parole che il giornalista usa per Belen né per le altre bellissime. L'unico sentimento che suscita la descrizione dell'argentina è semmai una grande, enorme, invidia. E poi, non dimentichiamo che trattandosi di un libro e non della tv pubblica, i bacchettoni possono anche non comprarlo. A tutti gli altri adesso sarà venuta la curiosità di leggerlo. E così questa specie di censura si è trasformata nella migliore delle pubblicità. 

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