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Fabrizio Corona, la drammatica telefonata con la madre Gabriella: come è ridotta la signora

Roberto Alessi
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Ho appena finito una lunga telefonata con Gabriella Corona, la madre di Fabrizio Corona. La conosco da una vita, conoscevo suo marito, il giornalista scomparso Vittorio Corona, famoso direttore. «Quello che ci siamo detto rimane tra noi», si raccomanda Gabriella con la voce distrutta, una mamma affranta, preoccupata per il figlio («Me lo distruggono»), per il nipote Carlos («Ha 18 anni, l'ho cresciuto io»), inorridita per chi si compiace di quello che sta succedendo.

 

Come si sa, Corona è tornato in carcere, gli è stata tolta la detenzione domiciliare e lui ha dato in escandescenze, s' è tagliato come i flagellanti medievali. Pieno di sangue, ha persino postato le sue foto grondanti, poi ha rotto il vetro di un'ambulanza di volontari che erano andati a soccorrerlo (ma non lo denunceremo, mi dice il mio amico avvocato Daniele Pizzi, volontario del 118, che ha inviato un'ambulanza dell'associazione "Croce Maria Bambina"). Una scena terribile, una reazione sbagliata, ma che mi sembrava quella di una persona davvero incapace di intendere e di volere, senza cattiveria però, solo disperata, e si è placato solo di fronte alla disperazione della mamma Gabriella, che lui ha perfino cercato di calmare spaventato che potesse avere un malore.

Anche i giudici hanno ragione. Io vengo spesso definito "opinionista" in tv, ma dire che ho un'opinione precisa sul caso Corona sarebbe una bugia. I magistrati hanno di fronte un detenuto (perché tale era Corona) e che come tale deve stare a regole stabilite. Gli avevano detto di non andare in tv e c'è andato (anche da Massimo Giletti), gli hanno detto di non usare i social e l'ha fatto (ogni giorno con video e provocazioni), di non uscire ed è uscito («ma ho il permesso», mi ha assicurato una volta), non doveva ricevere a casa e ci faceva andare anche il personal trainer durante il lockdown, riceveva perfino i giornalisti (invitato, io non ci sono mai voluto andare). Alla fine i magistrati hanno deciso di togliere la detenzione domiciliare.

 

Si può dare loro torto? Per qualcuno sì: «Questo provvedimento non ha senso», mi ripete il suo avvocato Ivano Chiesa, «Le sembra una persona pericolosa per la comunità?», mi chiede. No, non mi sembra, e questa è una mia opinione di cui sono certissimo. Corona potrebbe avere un personalità disturbata, narcisista, bipolare, ma non mi sembra pericoloso pur non avendolo mai frequentato assiduamente. Lo conosco da quando 18enne lavorava per una tv locale, poi l'ho rivisto quando girava intorno a Lele Mora, ed è arrivato il matrimonio con Nina Moric, il figlio Carlos (e con lui Corona è stato un buon padre), poi il divorzio, la storia con Belen (li incontravo nel mio bar sotto casa), il processo (che ho seguito come giornalista e dove sono stato chiamato a testimoniare).

«Mio figlio ha problemi, gravi», mi diceva Gabriella Corona facendomi capire che la sua psiche andava aiutata. E quando è entrato in carcere (ci ha fatto più di sei anni) gli avevano dato il differimento pena che gli era stato concesso nel dicembre 2019 per una "patologia psichiatrica". Ma perché è in carcere, visto che la patologia è più che conclamata? Le condanne sono infinite tanto che me le sono dimenticate. Ma qualcuno che mi dica oggi «Corona mi ha fatto davvero del male» no, non c'è. Nemmeno dei vip che sarebbero stati sue vittime non c'è una denuncia, credo. E la rabbia di Corona continua a crescere. Dalla branda del reparto psichiatrico di Niguarda ha iniziato lo sciopero della fame e della sete. E mi chiama mamma Gabriella, ancora più disperata.

 

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