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Lega Nord, Maroni ha un sogno:i voti di Berlusconi. Senza Cav

Roberto Maroni

La base padana non vuole accordi con Silvio, ma gli azzurri sono fondamentali per la vittoria in Lombardia. A giorni il faccia a faccia tra l'ex ministro e Silvio

Andrea Tempestini
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di Matteo Pandini Ieri scadeva l'ultimatum di Maroni al Pdl per capire cosa fare alle Regionali lombarde. Di fatto, l'ennesima discesa in campo di Berlusconi scompagina i piani leghisti e congela qualsiasi decisione. Giovedì la Lega ha convocato la segreteria politica. E lunedì prossimo ci sarà il consiglio federale. Nei prossimi giorni (forse già tra stasera e domani) Bobo e il Cavaliere si vedranno per discutere la situazione. La base leghista, soprattutto quella veneta, dice no a qualsiasi tipo di accordo. Ieri ha parlato Luca Zaia: «Fino a prova contraria, la Lega andrà sola alle prossime Politiche». In Lombardia gli umori sono assai simili, anche se l'aspirante governatore Maroni sa che i consensi azzurri sarebbero preziosissimi per raccogliere il testimone di Roberto Formigoni. Più di un dirigente vedrebbe bene un patto a Milano ma non a Roma, come lo stesso Bobo ha fatto capire negli ultimi giorni. Ma gli azzurri, ovviamente, non ci stanno e minacciano di far saltare il tavolo lanciando un loro candidato in Regione, che si sommerebbe a Gabriele Albertini. Il leghista Matteo Salvini afferma: «Stiamo lavorando solo sulla Lombardia» e nega «accordi o ticket», come quello che vedrebbe l'ex ministro dell'Interno presidente e Mariastella Gelmini vice.  Il nodo da sciogliere è intricatissimo. Come detto, l'ex premier offre l'alleanza in Lombardia con Bobo candidato, ma in cambio pretende la stessa moneta alle Politiche. Dove il candidato a palazzo Chigi sarà lui e - al momento - per il centrodestra unito sarebbe già miracoloso pareggiare al Senato, risultato che disinnescherebbe un eventuale esecutivo di centrosinistra. Per capire lo psicodramma che si respira a via Bellerio serve riavvolgere il nastro di qualche settimana, quando il Pdl si lambiccava sulle primarie e Berlusconi non aveva annunciato la discesa in campo. Da Milanello (24 novembre) il Cavaliere apriva alla candidatura di Bobo facendo infuriare Formigoni. Anziché brindare, nel quartier generale lumbard avevano incassato l'uscita con una certa preoccupazione. Il nome di Silvio, così come quello del Pdl, secondo i padani rischia di essere una zavorra. Troppo rovinata l'immagine dell'ex premier, troppo caotica quella del suo partito. Proprio in quelle ore, Maroni ragionava ad alta voce con i suoi. Spiegando, in estrema sintesi, che il Pdl si sarebbe dovuto ribattezzare Partito dei Lombardi o qualcosa del genere, perché una riverniciata alla confezione era il minimo che si potesse fare per evitare la rivolta degli elettori (il governatore friulano Renzo Tondo ha fiutato l'aria e sta già lavorando in questa direzione, indipendentemente dai consigli padani). Poi, certo, resta l'ostacolo Berlusconi. Con la conclusione dell'era Bossi, i rapporti con l'uomo di Arcore si sono raffreddati. Colpa del sostegno al governo Monti (venuto meno negli ultimi giorni, tanto che Maroni ha pubblicamente fatto i complimenti ad Alfano - e non all'ex premier - invitandolo ad andare avanti). I contatti tra i due leader, però, non sono mai cessati. E Berlusconi s'è congraturato con Bobo per la ripresa elettorale del Carroccio dopo gli scandali di qualche mese fa. Ecco, Maroni scommetteva in una scomposizione del Pdl in varie anime: la Lega s'è già accordata con una di queste, quella di Giulio Tremonti. Uno tsunami necessario e capace di creare le basi per un rinnovato patto. In Lombardia ma anche alle Politiche. Da una parte, la Lega vedrebbe di buon occhio una possibile intesa con azzurri come il sindaco formattatore di Pavia Alessandro Cattaneo, assai meno con «i vari colonnelli» ovvero «il vecchio Pdl». A Roma, un candidato premier diverso da Berlusconi («stimo Alfano» ripete Maroni) darebbe al Carroccio l'argomento per dire: ci alleiamo perché hanno cambiato pelle e sostengono Bobo al Pirellone. E invece è tornato Berlusconi. Sempre poche settimane fa, i sondaggi compulsati dal leader padano attribuivano a Pdl e Lega circa il 20% a testa in Lombardia, con la lista Maroni tra l'8 e il 10% e capace di rosicchiare almeno due punti al Carroccio. Se Bobo corresse senza azzurri, con queste cifre avrebbe bisogno di un altro 10% per prendersi il Pirellone. Tremonti ha anche questa funzione: intercettare i consensi di berlusconiani delusi. Ma non è sufficiente. Ieri l'ex ministro dell'Interno doveva snocciolare i candidati della sua lista personale, per cui ci sarà una raccolta firme questo fine settimana. I leghisti pensavano di inserire qualche aspirante consigliere gradito anche agli azzurri, ma l'offerta del Cav ha congelato le operazioni. Più d'un lumbard è convinto che a gennaio, sondaggi in mano, il Cavaliere che «corro per vincere» si allarmerà così tanto da lanciare un altro candidato. «Non sono convinto che manterrà la sua decisione» chiosa il capo lumbard. Sull'appoggio del Pdl in Lombardia: «Ben venga ma per me l'Euroregione è un irrinunciabile». Per il 2013 i nomi in campo dovranno essere chiari, soprattutto in Regione. E si saprà già chi ha avuto la meglio, tra il segretario Maroni che non vuole scontentare la base e che non si fida di Silvio, e l'aspirante governatore Maroni che ha bisogno dei voti di Silvio per vincere in Lombardia e far felice la base.

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