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Costituzione, se anche per giuristi e politici la Carta si può cambiare

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Francesco Specchia
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Sicché, la Costituzione più bella del mondo (finita la buriana elettorale, con i suoi mille improvvisati templari a sinistra che la ritenevano "immodificabile"), alla fine, si può cambiare senza sembrare un incrocio fra Pol Pot e Pinochet. Nulla di nuovo, beninteso. John Galbraith invocherebbe la saggezza convenzionale, il banale spacciato per grande conquista. Eppure. Eppure, è bastata una semplice dichiarazione rilasciata al Corriere della sera dal Presidente emerito della Consulta Sabino Cassese, per smontare il mito elettorale dell'intangibilità della Sacra Carta. «Ma vede, modificare la Costituzione non è un attentato alla Costituzione, se la stessa Carta prevede che possa essere modificata. Quella tedesca, che ha la stessa età di quella italiana, ha subito tre volte più modifiche di quella italiana», risponde Cassese al collega Daniele Manca. Il quale lo sobilla sul possibile stravolgimento dei motivi ispiratori della Carta.

 

 

 

LA PRIMA PARTE

«A porre un freno ha già pensato la Corte costituzionale, non da ieri, bensì da molti anni, stabilendo che i principi fondamentali, quelli scritti nei primi articoli, sono immodificabili. La Costituzione tedesca contiene alcune clausole che vengono definite in quel Paese eterne, perché non possono essere oggetto di modifiche costituzionali», risponde, tranchant Cassese. E ricorda che una riforma costituzionale in senso presidenziale - quello evocato da Giorgia Meloni- potrebbe in realtà ovviare alla fragilità dei governi italici, ben 67 in 75 anni. Paradossalmente, la Germania ne ha avuti due terzi di meno e un numero ancora inferiore di cancellieri. Un argomento, quello di Cassese a favore delle modifiche del testo del '48 che, qualche giorno fa, su Libero, ha rispolverato il costituzionalista Alfonso Celotto. Celotto ricordava che la nostra Costituzione assicura la rappresentanza, non la governabilità; e quindi, appunto, rende fragili i governi. E quindi la Costituzione deve essere adeguata nel tempo. C'è una vasta pubblicistica, sul tema, prodotta del grande Meuccio Ruini. Continua Celotto: «Certo, la Carta va cambiata con accortezza, solo nella seconda parte, considerando i pesi e i contrappesi. Introdurre il presidenzialismo com' è in Corea del Nord, per esempio, è un po' illiberale. E quando Roosevelt fu eletto quattro volte di seguito in America ci si rese conto, anche lì, che occorreva un limite di due mandati».

IL CARDINALE

I suddetti due interventi sono di assoluto buonsenso, e proprio per questo, ora, spiazzanti. Solo fino al giorno dopo la vittoria di Giorgia Meloni bastava un anelito di raziocinio del giurista nonché colonnello di Fratelli d'Italia Francesco Lollobrigida («La Costituzione è bella, ma ha 70 anni e si può migliorare») per gridare al fascismo. Ora, invece, la Costituzione torna prepotentemente di moda con i suoi mille adattamenti alla società in cui viene applicata. Il cardinale Matteo Zuppi, Presidente Cei, per esempio, pubblica un pamphlet Lettera alla Costituzione (EDB, pp 73, euro 10) in cui dialoga con la carta come con un padre, o un maestro di vita. In un passaggio si legge: «La Costituzione, con le revisioni possibili ed opportune, può garantirvi effettivamente tutti i diritti e tutte le libertà a cui potete ragionevolmente aspirare...». E, in appendice alla sua missiva, risuona l'ultima lezione - Domande sulla Costituzione - riguardo la naturalità del cambiamento vergata dal compianto presidente della Consulta Valerio Onida: «Nella storia il cambiamento è una cifra costante, nulla o quasi nulla è mai stato statico nelle vite delle società. Quante cose sono cambiate se guardiamo la storia? (...) Prima di tutto dobbiamo renderci conto di qual è lo scenario sociopolitico attuale, di qual è la condizione attuale. Naturalmente non è facile da dire perché le condizioni cambiano molto rapidamente». Situazioni e scenario cambiano. La Sacra Carta, benché rigida, fotografa lo Zeit Geist, lo spirito del tempo. E il bello è che dopo la verità giuridica snudata da Cassese, ecco che crolla il tabù degli ultimi anni recitato a mantra da un'unica fazione politica. Ed emergono dalle cronache passate, tutte le dichiarazioni a sostegno del tanto vituperato art. 138 della Costituzione, il cui accurato, ruminato nel tempo - almeno due deliberazioni ad intervalli non inferiori ai tre mesi - procedimento di revisione del testo, assicura perfetti equilibri di pesi e contrappesi.

 

 

 

BOBBIO E GLI ALTRI

La Costituzione si può, a volte si deve, cambiare. Lo scrisse Norberto Bobbio; lo ribadì nel 2009 il costituzionalista del Quirinale Giorgio Napolitano; lo sottolineò Gianfranco Pasquino, scienziato della politica. Perfino Beppe Grillo, che ora tace, dichiarava, nel 2015 che «la Costituzione non è il Vangelo, il Corano o il Talmud. Per qualcuno però lo è, rappresentale tavole della Legge di Mosè e ne fa un uso religioso, fideistico. La agita in manifestazione come il libretto rosso di Mao. La Costituzione è un testo scritto da uomini in carne ed ossa, non da semidei, nel secondo dopoguerra. È entrata in vigore il 1° gennaio 1948, 63 anni fa. Il mondo è cambiato da allora. Molti suoi articoli sono condivisibili, altri meno o per nulla». E, miracolosamente, mentre il Pd continua provare ripulsa per l'idea, il Terzo Polo di Renzi e Calenda accetta ora l'idea meloniana di una Costituente che -con tutti i "se" e tutti i "ma"- possa mettere mano al testo "immodificabile". Ma solo il Pd, i valori e il firmamento sono immodificabili... 

 

 

 

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