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Soumahoro, è davvero finita: "Se prende soldi pubblici...", chi lo scarica

Pietro Senaldi
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Il deputato della Sinistra Italiana Aboubakar Soumahoro ha gli stivali lordati di melma. Non è però la sporcizia che aveva esibito fieramente sulle sue calzature a settembre, nel giorno dell'insediamento in Parlamento, posticcia nella realtà ma nobile nella simbologia. Con il suo show davanti alla Camera, il politico di origine ivoriane si candidava a rappresentare gli ultimi, i lavoratori di colore sfruttati nelle campagne meridionali, ai quali lo accomunano le origini ma non il destino. Voleva dire «tranquilli fratelli, da oggi ci sono io a battermi per voi e a riscattarvi». La sporcizia che oggi lo inzacchera è vera, anche se non materiale. Arriva dai racconti di denuncia fatti dai dipendenti della cooperativa gestita dalla suocera di Soumahoro, e dove era attiva anche la moglie, di essere sfruttati e non pagati. Una figura di palta, letteralmente, per il paladino degli immigrati schiavizzati, aggravata dalle foto che girano sui social ritraenti la sua consorte agghindata come Chiara Ferragni, tra vestiti e borse di lusso. D'altronde nel curriculum la signora, Liliane Murekatete, ha scritto organizzatrice di matrimoni, non raccoglitrice di pomodori, e dev' essere all'altezza di quel che vende.

 

 


I resoconti disperati degli immigrati impiegati dalla suocera del deputato rosso-verde arrivano nel solco di un'indagine per malversazione di erogazioni pubbliche aperta da anni nei confronti della signora e non ancora conclusa. Il loro effetto è stato gettare nella disperazione Aboubakar, che grida al complotto, sostiene che gli vogliano far fare la fine del «negro da cortile», giura che da vent' anni non fa altro che lottare in strada per gli ultimi della terra e sostiene di essere vittima di una giustizia a orologeria. Per non farsi mancare nulla, scarica anche suocera e moglie, sostenendo che lui non c'entra poi tanto con le sue donne e non c'entra per nulla con la cooperativa del presunto scandalo.


CHI FA L'INDIANO
Il caso ha provocato grande imbarazzo nella sinistra che, per non smentire se stessa, si divide. Chi meno sa, più si indigna con la destra e i suoi giornalacci, in prima fila noi di Libero, e più difende Soumahoro. Chi più sa invece, fa l'indiano e fischietta guardando il cielo. Domenica sera a In Onda, su La7, tre colonne del giornalismo progressista hanno fatto a gara per minimizzare le accuse degli immigrati presunti sfruttati e relativizzare il ruolo del deputato della Sinistra Italiana rispetto alle eventuali colpe dei suoi famigliari. Ermes Antonucci, cronista di giudiziaria del Foglio - lo specifico per i pochi marziani che non lo sapessero- è andato oltre, ha scritto che il nostro servizio sulla moglie fashion del «non negro da cortile» gli fa vomitare e ci candida ironicamente per il Pulitzer, premio giornalistico vinto più volte dal suddetto. Il direttore del Post, Luca Sofri, si è limitato invece a definirci «giustizialisti fustigatori», rallegrandosi del fatto che lui, per ovvie ragioni storiche, non lo è.

 

 


Potremmo citarne altri, ma per tutti varrebbe la considerazione che il principale problema di Soumahoro non è certamente di giustizia bensì politico. L'onorevole con gli stivali, più infingardo del Gatto con gli stivali della celebre novella, ha puntato tutto sulla propria immagine di eroe dei poveracci fin dal primo momento della legislatura, e ora la sua narrazione è polverizzata dalle voci sudi una suocera negriera e dalle foto di una moglie più vanitosa di Paris Hilton. Naturale che nel video in cui provava a salvarsi, senza spiegare nulla, piangesse come una vite tagliata; se anche la metà di quello che è venuto fuori fosse vero, la sua carriera politica sarebbe già volta al tramonto. E questo è talmente vero che l'uomo che ne ha deciso la candidatura, il leader della Sinistra Italiana, Nicola Fratoianni, non ha ancora pronunciato una parola a difesa del suo onorevole, lasciando che il partito ne cancellasse il viaggio a Strasburgo per incontrare i Verdi Europei, e fissasse al suo posto un vertice per chiarire i lati oscuri della vicenda.


DITINO PUNTATO
«C'è un fatto che prescinde dal vostro riflesso pavloviano sulla giustizia. I giornalisti hanno parlato non coi pubblici ministeri, ma coi migranti che stavano nei centri Karibu e dicono che facevano schifo. Fonte diretta, da 10 anni era notorio. Il problema è politico» Una verifica della quale non sembra aver bisogno la ex senatrice Elena Fattori, che ha sentenziato in un'intervista al Domani che nel centro d'accoglienza dei parenti di Aboubakar, «non ci andrebbero messi neppure dei cani». Il giornale di De Benedetti è in prima fila a puntare il dito, con l'inviato di punta, Emiliano Fittipaldi, che accusa Soumahoro di «conflitto d'interessi, perché le coop incassano soldi pubblici, che dipendono dalle battaglie politiche anche del deputato in questione».

Feroce anche Giulio Cavalli, attore, giornalista ed ex assessore ultra-sinistrorso, che paragona Soumahoro a Berlusconi- da quelle parti è un terribile insulto anziché un grande complimento - e lo esorta ad avere «reazioni all'altezza» e «comportamenti opportuni». Che pensi alle dimissioni da parlamentare? Insomma, chi conosce bene il "Gatto con gli Stivali del Parlamento", ne ha preso le distanze, come se sotto il fumo delle accuse intravedesse l'arrosto della colpa. Peraltro è da ricordare che la prima a inguaiare l'ivoriano di ottime intenzioni e azioni non altrettanto alte, è stata proprio la sinistra, con l'inchiesta di Repubblica che ha raccolto testimonianze allucinate nella cooperativa della suocera. Dalle ong fiancheggiatrici degli scafisti alle peripezie di nonna Soumahoro, butta male in questo periodo per le organizzazioni umanitarie, le cui meritorie attività statutarie sono spesso oscurate da pratiche affaristiche o prassi illegali, sulla pelle degli ultimi, che saranno anche dei derelitti, ma rendono bene. 

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