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Vino, Luca Zaia contro i burocrati: "Così l'Europa rischia"

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Alessandro Gonzato
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«Le racconto una cosa».

Prego.
«Quando i giornalisti stranieri vengono qui nel Trevigiano a visitare la zona del Prosecco a volte gli faccio da Cicerone: mi chiedono della sostenibilità ambientale, del trattamento dei vitigni, dei prodotti che vengono usati. Sa come rispondo?».

Sentiamo…
«Gli dico di seguirmi: a un certo punto della Strada del Prosecco, che faccio ogni giorno in macchina perché è immersa nella natura, c’è un incrocetto all’altezza della storica osteria La Guizza, e lì c’è una piccolissima casa abbandonata in pietra, sembra una stalla, ha una porta di vecchie assi di legno dove vengono affisse le epigrafi. Bene: non ne trovi mai uno sotto i novant’anni. “Questa è l’età media della zona”».

Luca Zaia, 54 anni, da 13 governatore del Veneto, “il Doge”, ha un rapporto viscerale con la terra. Prima di tuonare contro l’Europa e la crociata contro il vino ci parla delle sue vendemmie, da bambino: «Andavo dai nonni e noi putèi entravamo nei tini, enormi, e pigiavamo l’uva. Era un momento magico. Poi assaggiavamo il mosto: una festa. Il vino è tradizione, cultura, identità». I nonni si chiamavano Enrico e Bepi. Enrico nacque in Brasile, a San Paolo nel 1896, emigrò a New York in cerca di fortuna e da giovanissimo si trasferì nel Trevigiano.

 

 

 

Governatore, Irlanda e Unione Europea stanno imponendo una stretta al consumo di vino: -10% entro tre anni. E poi le etichette con la scritta che il vino provoca malattie mortali.
«Non può passare una norma del genere. Posso dirlo? Una norma del genere mette in discussione l’Europa, gli Stati uniti d’Europa. In America non succederebbe mai. È giusto, anzi sacrosanto dire che l’abuso di vino e più in generale di alcol è sbagliato e fa male, ma fermiamoci qui per favore».

Lei è stato ministro dell’Agricoltura, che oggi si chiama della Sovranità Alimentare: il ministro Lollobrigida in risposta a Bruxelles e Dublino sta facendo fronte comune con Spagna e Francia.
«Che sono Paesi fondatori dell’Europa, come noi: non dimentichiamocelo. I Paesi che vogliono imporre questa norma sono quelli del Nord, che non hanno agricoltura e quindi devono inventarsi qualcosa. È uno scontro che va avanti da decenni. Guardi, davvero: ormai da Bruxelles ne arriva una al giorno».

A cosa si riferisce?
«Ai grilli, agli insetti, alle larve... Che poi: anche questi faranno male in dosi eccessive, no? Lo scriveranno sulle etichette? Di questo passo mi aspetto la stretta anche sui formaggi: anche di questi siamo tra i maggiori produttori mondiali».

In Veneto vengono prodotti 11 milioni di ettolitri di vino all’anno, il 13% della produzione nazionale.
«E una bollicina su 3 al mondo è di Prosecco, che da tempo ha superato lo Champagne. L’Italia è il primo produttore di vino e solo il Veneto ha 55 denominazioni, la più grande è il Prosecco, con un miliardo di bottiglie, ma poi ci sono altre eccellenze come l’Amarone che è tra i primi 10 al mondo per qualità, il Pinot Grigio, il Lugana, il Torcolato di Breganze... Capisce il danno che provocherebbero i signori di Bruxelles? Dietro i dichiarati fini salutistici c’è ancora una volta una battaglia identitaria e ideologica».

Diceva che negli Stati Uniti non succederebbe mai...
«Ma sì, lei se lo immagina il governo della California che danneggia la Napa Valley? Oppure l’Argentina o il Cile che vanno contro la zona del Mendoza. Da noi invece c’è un accanimento autolesionistico. Ma lo sanno che il vino è anche storia e cultura? I confini del Sacro Romano Impero arrivavano fin dove era arrivata la coltivazione della vite».

 



 

In questi giorni l’ha chiamata qualche produttore?
«Certo. Ma mi preoccupa di più l’assuefazione».

In che senso?
«Che ormai sono abituati a ricevere solo brutte notizie».

Tra un paio di mesi a Verona ci sarà Vinitaly, la fiera di settore più importante al mondo: prevede proteste contro l’Ue?
«Prima vorrei ricordare che se il Prosecco oggi è patrimonio Unesco è perché io e la mia squadra ci abbiamo lavorato a lungo».

Vinitaly...
«’Sti baldi giovanotti che fanno queste proposte in giro per l’Europa vengano a esporle lì ai produttori. Segnalo, per chi fa finta di non conoscere la manifestazione, che parliamo di 160mila visitatori e cantine da ogni angolo dei 5 continenti: la nostra risposta sarà questa. In ogni caso stiamo preparando anche un ordine del giorno in Consiglio regionale».

Poco prima di Natale è stato in un monastero di clausura di monache cistercensi produttrici di Prosecco: ci racconti.
«Sì, qui in collina, a San Giacomo di Veglia. È stato emozionante, mi ha invitato la badessa, madre Aline. Pensi che nel cortile hanno un vignetto autoctono, Prosecco docg. Producono e imbottigliano, e il ricavato lo usano per il mantenimento della struttura. Sono rimasto impressionato, lo confesso: ho scoperto che il monastero non è un posto di segregazione assoluta. Le monache sono attente e informate su cosa accade fuori».

Lei è diplomato in Enologia: cosa si è portato dietro di quegli anni?
«Il rispetto dei cicli della natura. Il saper coniugare agricoltura d’eccellenza con territorio, turismo, occupazione».

Le associazioni di categoria stanno tuonando contro l’Europa.
«Sono con loro. Ma lo sanno lassù che l’azienda agricola media in Veneto ha poco più di 2 ettari di superficie? A fare la voce grossa contro i micro-produttori sono capaci tutti, ma contro le multinazionali non hanno lo stesso coraggio: come mai? Lo scriva, per favore». 

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