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Report, per attaccare Giorgia Meloni usano il padre mai visto

Pietro Senaldi
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Per la serie, proviamole proprio tutte. Sembra che domenica prossima Report, il programma d’inchiesta faro della tv pubblica, dedicherà ampio spazio alla ricostruzione dei lati oscuri della vita del padre di Giorgia Meloni, il compagno Francesco. Già, perché il personaggio in questione pare fosse un comunista abbastanza trinariciuto ma chissà se la trasmissione lo ricorderà a dovere, mischiando la sua scelta politica poco giusta con le altre scelte di vita, decisamente sbagliate, sulle quali più si concentrerà l’attenzione dei cronisti.

Secondo indiscrezioni la puntata si soffermerà sulle gesta dell’illustre genitore dopo che aveva mollato la famiglia in quel della Garbatella senza più occuparsene, tantomeno materialmente, per cercare fortuna alle Canarie. Pare che si indaghi sui suoi trascorsi da mezzatacca nel traffico di stupefacenti e su presunti rapporti con la camorra, raccontati in un’intervista a un ex affiliato, Nunzio Parrella, che spiega come il signor Francesco, dopo aver fallito come ristoratore, si dilettasse a trasportare hashish tra il Marocco e la Spagna, non disdegnando puntate in Italia. La cronaca nera riferisce anche che nel 1995 il Meloni è stato condannato a nove annidi carcere dopo il ritrovamento di 1.500 chili di droga sulla sua barca, stavolta alle Baleari.

 

 

Sono tutte cose note, che riguardano un uomo morto dodici anni fa e che la premier ha disconosciuto non ieri ma perfino prima di entrare in politica, quando era solo una bambina di undici anni e decise che non sarebbe mai più andata a trovare il padre, disgustata dal suo disinteresse per lei e mortificata dalla matrigna, con la quale l’uomo si era costruito una nuova famiglia. Pochi sanno infatti che la presidente ha due fratellastri. Parliamo del 1988, l’ultima vacanza di Giorgia alle Canarie, anni prima che Parrella conoscesse Franco.

La futura premier, a differenza della sorella Arianna, non andò a trovare il genitore neppure sul letto di morte e in tempi non sospetti ne ha liquidato così la figura: «Mio padre ha fatto di tutto per non farsi voler bene né stimare. Faccio fatica a dire che era una brava persona. Se una bambina di undici anni decide di non voler vedere più il padre e poi lo fa davvero, evidentemente costui qualcosa le ha fatto. Mio padre aveva detto a mia madre, incinta, di non tenermi e lei era addirittura andata in clinica per abortire. A tre anni quasi mi ha fatto annegare e da allora questa è una delle mie più grandi paure. Per decenni ho considerato mio padre come un non problema, poi ho capito che questo era il problema».

Raro trovare parole di condanna così inappellabili e cariche di sofferenza nei confronti di un genitore. L’inchiesta sulle poco nobili gesta di papà Meloni sarà fatta benissimo e sarebbe disonesto non ammettere che solletica la morbosità e l’interesse del pubblico. Quando infatti qualcuno diventa famoso e potente, la gente vuol sapere tutto di lui, specialmente i particolari scabrosi della sua vita e, se non ci sono, almeno di quella di coloro che hanno avuto a che fare con lui.

 

 

È una scommessa già vinta prevedere che domenica la puntata registrerà un picco di ascolti. E chi se la perde? Però, sia chiaro, siamo nel varietà, è colore, cronaca mondana, giornalismo scandalistico. Qualunque cosa i valenti colleghi abbiano scoperto e documentato sulla vita all’estero del padre della Meloni quando la premier era bambina o nei 25 anni durante i quali lei si è pervicacemente rifiutata di vederlo e avere contatti con lui non ha alcun valore politico. Con qualche malizia si potrebbe anche aggiungere che c’è chi intuisce un’intenzione vagamente denigratoria della figlia nell’indagare la storia di un papà rinnegato, lontano e deceduto. D’altronde, nella difficoltà di inchiodare la premier al presente non è nuovo da parte dell’opposizione e di chi per essa sente battere il cuore cercare indietro anche di parecchi decenni appigli per attaccarla, battendo la strada indicata da Elly Schlein la quale, promettendo un 1984 orwelliano, afferma che l’Italia di oggi è come quella del 1924.

Bisogna anche rilevare che è un vezzo, o un vizio, della trasmissione d’approfondimento, buttarsi a capofitto nella cronaca di decenni fa per delegittimare chi sta al potere oggi. Qualche settimana fa Report, con discreto dispendio di risorse, aveva scavato sulla vita di Antonino La Russa, padre di Ignazio, attuale presidente del Senato nonché fondatore di Fratelli d’Italia, risalendo fino agli anni Cinquanta dove, in quel di Paternò, l’uomo strinse rapporti d’affari con l’imprenditore Michelangelo Virgillito, noto benefattore, che negli anni Settanta morì lasciando dieci miliardi di allora ai poveri, dopo aver finanziato la costruzione di ospedali e la ricostruzione di santuari. Ma il programma si concentrò sull’unica ombra, mai provata, della vita del finanziere, cioè l’accusa di essersi impadronito del denaro di alcuni ebrei perseguitati durante la Seconda Guerra Mondiale. Nulla di documentato, nessun processo fatto e nessun legame con Antonino, conosciuto dieci anni dopo la fine del conflitto. Ma tanto basta per alzare lo share, e forse anche per qualcos’altro...

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