Sono finiti in una calda serata di luglio i sogni di gloria di Beppe Sala. Il manager diventato famoso per Expo, poi prestato alla politica ed eletto due volte sindaco di Milano con la scellerata complicità del centrodestra, non spiccherà il volo. Voleva federare il centro, le cosiddette forze moderate e liberal del fu “Terzo Polo”, per avvicinarlo alla sinistra-sinistra di Elly Schlein, ma è rimasto con un avviso di garanzia in mano: concorso in induzione indebita a dare o promettere utilità e falso. La corsa a leader nazionale tramonta definitivamente. Comunque vada a finire la maxi-inchiesta che sta travolgendo la metropoli, i pm gli hanno ormai sbarrato la strada. Ma del resto al Pd Beppe non è mai andato a genio (tranne gli idilli iniziali con Matteo Renzi) e ogni suo scatto in avanti verso lidi romani è sempre stato rintuzzato. Il problema, ora, non si porrà più.
«Trovo allucinante che il sindaco apprenda da un giornale di essere indagato e non dalla Procura. Si tratta di un metodo inaccettabile», ha commentato Sala mercoledì sera al Corriere della Sera che lo aveva chiamato per “notificargli” l’atto in anteprima. «Il Pirellino? L’abbiamo venduto nel 2019 e siamo ancora fermi. Sono passati sei anni e i lavori non sono mai partiti.
Beppe Sala, così Mister Expo ha paralizzato Milano
Nessuno si azzardi a ridere dei guai del centrosinistra, qui la questione è seria. Certo, è comico che la ...Altro che induzione, è stata una continua discussione perché non abbiamo mai trovato un accordo su quello che potevano fare», ha aggiunto. Quanto invece all’accusa di falso per aver taciuto, secondo la procura, sui conflitti d’interessi dell’architetto Giuseppe Marinoni, ex presidente e poi semplice membro della Commissione per il Paesaggio del Comune, il sindaco si è trincerato dietro un «non ho mai avuto il suo numero».
Lunedì Beppe varcherà le porte di Palazzo Marino per riferire in Consiglio comunale: una giornata che si preannuncia a dir poco bollente, col centrodestra (meno Forza Italia) già sulle barricate insieme ai Verdi (anche i Cinquestelle vogliono le dimissioni ma non hanno eletti) e il Pd che chiede al sindaco di tenere duro e andare avanti. «Ma sull’urbanistica si deve imprimere una svolta, serve voltare pagina», sibila Pierfrancesco Majorino, il capogruppo dem in Regione Lombardia, con dichiarati intenti di succedere a Sala.
Beppe Sala indagato, FdI: "Ora le risposte". Lega: "Sempre più al capolinea"
"Il tempo del 'faccio tutto io' è finito. È ora di dare risposte, in primis politiche":&...Giovedì mattina il sindaco si è confrontato coi suoi assessori durante la riunione di giunta già in programma: le dimissioni non sono all’ordine del giorno ma stando a voci di corridoio Sala ci avrebbe pensato e lo avrebbe riferito alla sua squadra per ottenere la legittimazione politica necessaria a procedere oltre. La presenza di nove di loro in Consiglio testimonia la compattezza della giunta. Diversa invece la situazione dell’assessore alla Rigenerazione Urbana, Giancarlo Tancredi, che ieri ha fatto capolino in Comune solo nel pomeriggio. In menù un incontro proprio col sindaco per valutare il da farsi: il passo indietro, nel suo caso, non è affatto escluso. Il Pd, infatti è in pressing su Sala per chiedere la testa dell’assessore che ha gestito, anche da dirigente, tutti i principali progetti della città e mettere a tacere le polemiche per poi ripartire con più serenità. Lo stesso Tancredi, secondo fonti vicine al suo entourage, ha detto al sindaco di essere «disponibile» a dimettersi. Molto, in questo senso, dipenderà da come andrà l’interrogatorio di garanzia in programma mercoledì: se la richiesta della procura- ovvero gli arresti domi ciliari - sarà accolta dal gip, Tancredi potrebbe seriamente decidere di salutare la giunta.
Meloni, lezione alla sinistra su Sala: "Non cambio posizione in base al colore politico"
In un'intervista al Tg1 Giorgia Meloni commenta quanto sta accadendo a Milano, con Beppe Sala indagato. E a riguardo...Una mano tesa a Beppe Sala arriva da Roma, direttamente da Palazzo Chigi. Giorgia Meloni non ne fa una questione di colore politico. «La mia posizione è quella che ho sempre su questi casi: penso che la magistratura debba fare il suo corso, e per quello che riguarda il sindaco, io non sono mai stata convinta che un avviso di garanzia porti l’automatismo delle dimissioni. È una scelta che il sindaco deve fare sulla base della sua capacità, in questo scenario di governare al meglio. Non cambio posizione in base al colore politico degli indagati», ha spiegato il premier in un’intervista rilasciata al Tg1.
Non è la prima volta che Sala finisce invischiato in beghe giudiziarie- nel 2019 era stato condannato a sei mesi di reclusione, trasformati in una multa, con l’accusa di falso ideologico e materiale per la vicenda della retrodatazione di un documento risalente a maggio 2012 che riguardava la gara d’appalto della piastra di Expo: quando aveva scoperto di essere indagato Beppe aveva deciso di auto -sospendersi dalla carica di sindaco per qualche giorno- ma oggi è un’altra storia: Milano è finita nelle sabbie mobili, la paralisi urbanistica è totale e scusate se è poco per decretare la morte politica del sindaco della capitale economica del Paese.