Silvia Salis, la regina delle tasse: Imu, Tari e autobus

di Pietro Senaldilunedì 21 luglio 2025
Silvia Salis, la regina delle tasse: Imu, Tari e autobus
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«Ridatemi il martello. Che cosa ne vuoi fare? Lo voglio dare in testa ai contribuenti genovesi». Silvia Salis nostra signora delle tasse. La neo sindaca di Genova, ex atleta del lancio del martello, ci ha preso gusto e non si ferma più. La settimana appena passata è stata la volta dell’aumento dell’Imu sulle seconde case date in affitto concordato. Gabella dallo 0,78% all’1,06 sui 27mila proprietari che in città tengono un canone basso per aiutare i residenti e rinunciano al più remunerativo affare di trasformare il proprio immobile in un alloggio per turisti. Risultato: cinque milioni di tasse in più. Questa sarà invece la settimana dell’Amt, l’azienda di trasporti cittadina, che ha bisogno di 83 milioni di euro per chiudere l’anno. La prima pensata per far rimpinguare le casse è presentare il conto ad anziani e bambini: dal primo ottobre niente più mezzi gratis per chi ha più di settant’anni e meno di quattordici e metropolitana a pagamento anche per i residenti, esclusi dal precedente sindaco, Marco Bucci. Misure tampone, che non risolvono il problema neppure un poco, ma di fastidio ne danno tanto.

Poi, nel 2026, come ha scoperto il leader dell’opposizione, Pietro Piciocchi, scavando nei documenti di bilancio presentati dalla maggioranza, cinque milioni di aumento della Tari, la tassa dei rifiuti, che sotto la Lanterna è già la più cara d’Italia, con Catania: si passa da 165 a 170 milioni di introito. «In realtà sono dieci milioni di aumento», provoca l’ex vicesindaco del centrodestra, «perché se avessimo vinto, il nostro programma prevedeva un taglio di cinque milioni».

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Un domani, cominciano a pensare i genovesi, che al portafogli sono affezionati e ritirano la fiducia più rapidamente di quanto non la concedano, forse addirittura l’aumento dell’Irpef comunale. Per ora nessuna ufficialità, ma tra i cittadini il timore si sta diffondendo. Per carità la sindaca è tosta, affascinante, sa quello che vuole, è capace di accattivarsi chiunque con naturalezza, non sbaglia una mossa quando si tratta di fare qualcosa di politicamente corretto e nella sostanza poco utile. È alta, bionda, con gli occhi verdi, sa essere simpatica e per di più dice di essere di sinistra. È determinata e vola alto, nel senso che tende a scaricare ogni rogna sul suo vicesindaco, il dem Alessandro Terrile: lei canta, lui porta la croce.

Sarà per questo che, quando entra in una stanza, gli stessi cani da guardia del potere che aggredivano il suo predecessore, Marco Bucci, con ogni genere di domanda provocatoria, a lei per prima cosa chiedono mansueti: «Ciao Silvia, come stai?». Lei bene, la corte applaude la neosindaca di Genova del campo largo, con il trolley già pronto per incarichi romani, malignano sotto la Lanterna, ma i sudditi iniziato a mugugnare. La signora è la prova che «da qualche tempo le Salis pericolose sono due», per citare Giorgio Spaziani Testa, presidente di Confedilizia; la lanciatrice di martelli, ora moglie del regista Fausto Brizzi, e Ilaria, l’europarlamentare di Avs.

Si dice che studi da alternativa moderata a Elly Schlein, ma viste le prime decisioni assunte a Palazzo Dursi, non pare così: scimmiottala Nazarena sui temi ideologici, si comporta come farebbe Nicola Fratoianni su quelli economici. Il 30 giugno Salis era con il segretario della Cgil, Maurizio Landini, a commemorare la rivolta operaia del 1960 contro il congresso del Movimento Sociale fissato nel capoluogo ligure. Prima aveva sfilato al gay pride e riconosciuto undici figli di coppie lesbiche. Sull’ideologia ci siamo: consorte di un regista, recita alla perfezione la parte del sindaco riformista che si coccola l’estrema sinistra, alla Beppe Sala da Milano, tanto per intendersi. Sui conti, dipende: se vuol passare per la signora delle gabelle, visto che l’unica cosa che Salis in città sono le tasse, ci siamo anche qui. Altrimenti, deve trovarsi qualcuno che le faccia tenere i conti in regola in una maniera diversa dal mettere le mani in tasca ai cittadini.

Dice lei che l’Amt è a rischio fallimento, che vanno pagati gli stipendi e che è tutta colpa del centrodestra che fa viaggiare gratis i genovesi. La verità però non è questa. Per quanto possa apparire contro-intuitivo, la gratuità di Bucci porta soldi: ha permesso di ottenere dallo Stato 30 milioni di stanziamento, come premialità per una politica ambientalista che incentiva il trasporto pubblico. «Solo che bisogna andare a Roma a battere cassa, come facevamo noi. Ora invece il Comune è totalmente passivo», denuncia Piciocchi. Prima di avanzare un sospetto: non è che il Pd punta a sfasciare i conti per trovare una scusa per privatizzare l’azienda dei trasporti, come voleva fare la precedente giunta rossa, guidata da Marco Doria?

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