Inzaghi, Mancini, il sogno Europa: Demetrio Albertini parla alla vigilia del derby
Di derby a Milano Demetrio Albertini se ne intende. Ne ha giocati tanti, nei 20 anni di Milan, dalle giovanili fino alla prima squadra, poi pure a Roma con la Lazio, a Barcellona contro l'Espanyol, a Madrid con la maglia dell'Atletico contro il Real. Partite speciali che restano sulla pelle, anche a 43 anni, dopo aver sfidato Tavecchio per la presidenza della Figc. Demetrio, chi è il favorito domenica sera? «Non credo ci sia un vero favorito. Sono due squadre che si stanno rinnovando, una addirittura ha appena cambiato il tecnico». Che impressione si è fatto dell'Inzaghi allenatore? «La forza di Pippo è la coesione di intenti con la società, il rapporto che c'è con i dirigenti. Questo è un valore aggiunto per un debuttante dal punto di vista del lavoro e della serenità. Sta lavorando molto, ha cambiato 11 formazioni, sta cercando di trovare la giusta quadratura». Conoscendo Pippo, avrebbe mai pensato sarebbe diventato allenatore? «Non ci vedo nulla di strano, almeno per me. Avendo iniziato molto presto, ho avuto come allenatori qualcuno con cui ho giocato insieme, Mancini e Rijkaard ad esempio, miei compagni in nazionale e al Milan. Era più strano quello (ride, ndr)». Il cambio in panchina sarà una carica in più per l'Inter oppure c'è il rischio di un contraccolpo? «Quando c'è un cambiamento c'è maggiore attenzione da parte dei giocatori sulle responsabilità, perché le colpe non sono tutte solo dell'allenatore. È una volontà che si vedrà subito. E poi resta sempre un derby, anche con cambiamenti così radicali non credo ci sia un contraccolpo, anzi l'Inter potrebbe giovarne, può essere una spinta in più per dare il massimo». Mancini è l'uomo giusto per questa Inter? «Difficile dare giudizi da fuori, la cosa da dire è che Roberto oggi ritorna all'Inter con consapevolezza dei suoi mezzi perché ha fatto esperienze importanti all'estero, oltre a conoscere bene l'ambiente anche se leggermente cambiato». Il terzo posto resta un obiettivo realistico per le due milanesi? «L'obiettivo deve essere sempre il più importante, non si può iniziare la stagione senza. Berlusconi mi ha sempre insegnato che bisogna puntare all'obiettivo massimo, Inzaghi fa bene a seguirlo anche perché questa è stata la nostra filosofia vincente al Milan. Credo comunque che questo derby non cambierà le sorti di una o dell'altra squadra in senso negativo, ma lo può cambiare in senso positivo, anche perché l'obiettivo Champions è sicuramente alla portata». Non abbiamo ancora visto il vero Torres. Quale può essere il problema? «Con Fernando ho giocato anche insieme, quindi lo conosco bene. La cosa più importante è avere pazienza, perché è un ragazzo che ha giocato poco nelle ultime due stagioni, quindi è difficile tornare subito ad alti livelli. In più si sta inserendo in una squadra nuova che sta cambiando partita dopo partita e questo non lo aiuta. Le qualità le conosciamo tutti, per giudicarlo bisogna aspettare un po' di tempo». Domenica potrebbe rientrare Montolivo. Quanto è importante il suo ritorno? «Non è importante, è fondamentale. È un centrocampista moderno che sa fare le due fasi con molta qualità, aiuta tanto la fase difensiva e in più ha la qualità che in mezzo al campo sta mancando». Chi sarà l'uomo decisivo? «È un derby anomalo. Dare un giudizio è difficile dopo averlo vissuto dall'interno per 20 anni, soprattutto visto il senso di appartenenza. Senso di appartenenza che una volta c'era nel nostro Milan ma anche nell'Inter, dove c'erano i vari Zenga, Bergomi, Ferri, Mandorlini. Oggi manca questo, da un lato e dall'altro. Quindi credo che il pubblico possa essere fondamentale per trasferire l'importanza della partita nei giocatori. Non è più il derby di qualche anno fa, oggi è molto più sentito dai tifosi che dai giocatori». Se il Milan le offrisse un posto? «Di sicuro valuterei l'offerta» di Matteo Speziante