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AstraZeneca e trombosi cerebrali, il neurobiologo Gilestro: "Chi non si vaccina rischia fino a 100mila volte in più"

Alessandro Gonzato
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«Fingiamo che tutti gli effetti collaterali gravi segnalati siano davvero collegati al vaccino Astrazeneca: il rischio sarebbe di un caso ogni milione di iniezioni, addirittura uno su 3 milioni se consideriamo anche i decessi. Statisticamente chi non si vaccina ha fino a 100mila volte in più la probabilità di finire in terapia intensiva. I numeri parlano chiaro. E il mio, attenzione, è un ragionamento che tiene conto della peggiore delle ipotesi, ossia che abbiano ragione gli studiosi norvegesi, i quali rimangono convinti della relazione tra alcuni casi di trombosi cerebrali e il vaccino inglese». Giorgio Gilestro, neurobiologo torinese da vent' anni in Inghilterra, insegna alla facoltà di Scienze Naturali dell'Imperial College di Londra, a South Kensington, uno degli istituti più prestigiosi della nazione. «Per giorni qui quotidiani e televisioni non hanno detto nulla sulle trombosi. Non c'era scritto da nessuna parte che i Paesi del Nord Europa aveva ritirato i lotti. Per curiosità sono andato a guardare i giornali italiani, mi ricordo un titolo di Repubblica, "Panico Astrazeneca". Il giorno stesso c'era solo un trafiletto in fondo al Guardian che diceva "Astrazeneca ritirato in Thailandia". L'attenzione si è un po' alzata solo quando l'ha ritirato dal commercio l'Irlanda, ma i toni sono sempre rimasti molto rassicuranti».

 

 

 


Professore: proverbiale pragmatismo anglosassone o c'è dell'altro?
«Il fatto è che nel Regno Unito su circa 12 milioni di vaccinazioni con Astrazeneca non risultano conseguenze negative serie, o comunque sono percentualmente irrilevanti. Se il problema fosse il vaccino in sé, qualcosa qui sarebbe successo, è evidente».
Quindi il problema è da ricercare nei singoli lotti? Ci possono essere stati problemi legati alla produzione?
«Poteva essere un'analisi verosimile prima delle dichiarazioni dell'Agenzia europea per i medicinali. Si potevano ipotizzare complicazioni in alcuni stabilimenti. Però nella conferenza stampa con cui ha dato nuovamente il via libera alla somministrazione l'Ema ha evidenziato che i casi di trombosi cerebrale hanno riguardato diversi Paesi, non uno o due: 7 episodi in Germania, 3 in Italia e nel Regno Unito, 2 in Norvegia che secondo Oslo sono 3, altri 2 in India e uno in Spagna. Se ci fidiamo dall'agenzia europea dobbiamo farlo fino in fondo».
E quindi come si spiega?
«Potrebbe essere una questione di background genetico, ma siamo nel campo delle ipotesi, ci tengo a sottolinearlo».
Ci faccia capire.
«Le popolazioni del Nord Europa, per una serie di ragioni, potrebbero essere maggiormente esposte alle forme più acute degli effetti collaterali. La Norvegia ha 5 milioni d'abitanti: la percentuale di casi, anche di quelli meno gravi, paragonata a quella del Regno Unito è esponenziale. Al momento i dati dicono che nelle nazioni latine le complicanze sono decisamente inferiori. Ma ripeto: per ora non c'è alcuna evidenza scientifica».
In un video pubblicato su Facebook lei è stato il primo a ricordare che la trombocitopenia è «una conseguenza molto comune del Covid». 
«In quest' anno di pandemia è stato accertato che i trombi polmonari sono stati una causa molto frequente di morte. Il virus durante l'infezione ha la capacità di modificare il sangue, e non è chiaro se ciò derivi dal virus stesso o dalla risposta immunitaria degli anticorpi prodotti dal nostro organismo. Il vaccino, in una percentuale infinitesimale di persone, potrebbe andare a interferire con uno di questi fattori. Lo si capirà meglio nelle prossime settimane dato che le analisi sui pazienti saranno sempre più serrate. Poi bisognerà confrontare i dati con quelli degli altri vaccini, Pfizer, Moderna, perché qualche segnale simile, a dicembre, dagli Stati Uniti era arrivato».
Dobbiamo aspettarci un aumento esponenziale di segnalazioni?
«Lo do per scontato, e la gente ci capirà sempre meno. Ma ripeto: bisognerebbe ragionare nella peggiore delle ipotesi, in modo che tutti possano avere ben chiare le statistiche. Chi non si vaccina ha fino a 100 mila volte in più la probabilità di finire intubato. Immaginiamo di essere di fronte a due porte: dietro la prima c'è il vaccino, dietro l'altra il virus. La scelta, tenendo conto della casistica, è questa: rischio la trombocitopenia a causa del Covid, o rischio lo stesso sintomo vaccinandomi, con la probabilità di complicanze dalle 10 mila alle 100 mila volte più basse? Certo, uno può anche scegliere di lasciarle chiuse entrambe, ma non siamo noi ad aprire al virus, è lui che ci viene a cercare».
In Italia fioccano le disdette da parte di chi avrebbe dovuto ricevere la dose di Astrazeneca. Cresce anche in Inghilterra il partito degli scettici?
«Qualche rinuncia c'è, ma niente di più. Quattro miei amici, uno addirittura ventenne, l'altro giorno hanno ricevuto la convocazione per vaccinarsi. Erano avanzate delle dosi: è il segno che qualcuno anche qui qualcuno non si presenta». Il vaccino inglese è diventato uno spauracchio, ma è così diverso dagli altri? «No, affatto, e questo è un altro punto chiave. L'antigene è molto simile, tranne che per due aminoacidi. La corsa a vaccini considerati dall'opinione pubblica più sicuri non ha senso».

 

 

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