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Scuola, addio al telefonino per riscoprire la realtà: ragazzi, alzate la testa

Antonio Socci
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È giusto- a scuola- portare il telefono cellulare in classe? Al Liceo Malpighi di Bologna è stato deciso che studenti e insegnanti, entrando nell'edificio scolastico, lascino il telefonino in un cassetto per riprenderlo all'uscita. La cosa ha scatenato un dibattito sui giornali, ma è una circolare ministeriale del 2007 che proibisce di usare il cellulare in classe. Inoltre tuttele scuole hanno regolamenti con questa norma. Solo che rimane sulla carta. Al Malpighi invece, dopo lunga riflessione, hanno deciso di far rispettare quella regola. Il bello è che il Malpighi di Bologna non è un vecchio istituto refrattario alle innovazioni, ma l'esatto contrario: è noto - e non solo a Bologna come una scuola d'avanguardia, che offre una preparazione molto avanzata. In sostanza un liceo del futuro, tanto che da anni usa la tecnologia per la didattica (questo è previsto e approvato anche dal Ministero), mala usa con i ragazzi per potenziare le loro possibilità di apprendimento, non per minarle. Così- dopo mesi di confronto con esperti - è stata presa la decisione sui telefonini.

 

 


Lo psichiatra Paolo Crepet approva con molta convinzione: «Il modello Malpighi diventi un esempio nazionale. È giusto arrivare ad una soluzione un po' più drastica. Lo scorso anno ci sono state sperimentazioni simili in altri istituti in Italia e la cosa più interessante», aggiunge Crepet, «è stata la reazione dei ragazzi. Vietare i telefonini comporta un netto calo dell'aggressività, un aumento netto di capacità cognitive, memoria e attenzione e, soprattutto, un aumento netto delle relazioni sociali ed emotive». Elena Ugolini, la Rettrice delle scuole Malpighi, lo conferma. Anche il momento della ricreazione è tornato ad essere, per i ragazzi, un'occasione di rapporto umano, di dialogo, di gioco e di incontro, mentre- con i cellulari a disposizione - era diventato uno spettacolo surreale di estraneità. Ognuno nella sua bolla virtuale.


AL GIORNO 2600 CLIC
D'altra parte è un problema che riguarda anche gli adulti. Tutti facciamo un uso compulsivo del cellulare. La professoressa Daniela Lucangeli spiega che in media sblocchiamo i telefonini 80 volte al giorno e digitiamo 2600 volte al giorno: «Ciò significa che, se escludiamo le ore di sonno», spiega l'esperta, «noi digitiamo un numero di volte che è quasi superiore a quante volte abbiamo uno stato di presenza cosciente in una giornata». Questo ha conseguenze importanti sul nostro organismo, in particolare sul sistema nervoso. Si crea una dipendenza che è paragonabile alla dipendenza chimica da sostanze, ma che non viene considerata come tale e viene sottovalutata. Nel caso dei bambini, spiega la Lucangeli, questo può provocare anche disturbi seri e svalorizzare i «meccanismi ancestrali» basati sul contatto fisico con i genitori basati su abbracci, sguardi o carezze.

 

 


Qualcosa del genere accade anche negli adulti per gli stati di ansia, da naufraghi, che provoca la rottura di quella dipendenza da cellulare: «Quando ce ne priviamo ci si sente», dice Lucangeli, «come se scomparisse il contesto di un immaginario di mondo che è completamente dentro una memoria esterna». Come si può capire, dunque, non abbiamo a che fare semplicemente con un "oggetto", ma qualcosa di molto più invadente, a livello interiore e neurologico. Qualcosa la cui semplice presenza porta psicologicamente "fuori", disturba la capacità di concentrazione e di apprendimento, porta la mente altrove, lontano dal "qui e ora", dalla presenza fisica, dal rapporto umano diretto. Ma l'educazione è basata proprio su questo rapporto umano.


INTERFERENZE
«Durante l'epidemia di Covid», spiega la professoressa Ugolini, «abbiamo capito che per fare scuola è fondamentale la presenza. L'esserci con tutto il proprio io, con il corpo e la mente. I ragazzi hanno bisogno del rapporto umano, della materialità dei rapporti umani, anche se si legge un libro. E la presenza del cellulare, la semplice presenza anche quando sta nello zaino - interferisce, porta di continuo l'attenzione lontano da quello che accade osi dice in classe». Ovviamente poi la sfida è su ciò che la scuola offre. «Esattamente. Non è la proibizione del telefonino che di per sé risolve il problema», precisa la professoressa Ugolini, «perché non basta essere presenti, occorre che la persona, con la sua ragione e il suo cuore, sia attratta da qualcosa di significativo e interessante. Quindi occorre una proposta attrattiva, occorrono maestri, adulti significativi. Però se togliamo quello strumento di distrazione di massa, facciamo meno fatica e tutto diventa più naturale e umano. Siamo tutti più liberi e gli insegnanti non devono più fare i carabinieri che, come controllori occhiuti, devono intervenire su quanti stanno online anziché in classe. Ora possono dedicarsi ad insegnare». Al Malpighi le famiglie hanno approvato. Gli studenti, dopo qualche protesta, hanno riconosciuto che la presenza del telefonino in classe non li aiuta. Fuori da quel congegno che produce immagini c'è un mondo fatto di volti veri e cose bellissime da scoprire. C'è la realtà

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